Aducanumab, il primo farmaco per l’Alzheimer dopo vent’anni, non risolve il problema

Nei giorni scorsi la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato l’Aducanumab per i pazienti affetti da Alzheimer. Il farmaco (o meglio, l’anticorpo monoclonale) è stato autorizzato tramite un processo d’approvazione accelerato: una procedura che la FDA consente per le malattie gravi e pericolose, e per farmaci in grado di curarle con maggiore efficacia rispetto a qualsiasi altra terapia esistente.

Nello specifico, l’Aducanumab pare in grado di rallentare il declino cognitivo della malattia se somministrato nelle sue prime fasi. Ma, sebbene l’Alzheimer chiede a gran voce un farmaco efficace considerando come nel 2050 riguarderà 107 milioni di persone, non tutti sono convinti della bontà dell’Aducanumab (il comitato indipendente dell’FDA non era d’accordo con la sua approvazione).

Il morbo di Alzheimer è una malattia devastante, che può avere un profondo impatto sulla vita delle persone a cui è stata diagnosticata ma anche sulle vite dei loro cari. Le terapie attualmente disponibili trattano solo i sintomi della patologia. L’Aducanumab, invece, è il primo trattamento a colpire e ad influenzare il processo patologico sottostante

Questo ha dichiarato Patrizia Cavazzoni, direttore del Centro per la valutazione e la ricerca sui farmaci della FDA.

Come funziona l’Aducanumab: il nuovo farmaco per l’Alzheimer

Osservata per la prima volta nel 1906 dal medico tedesco Alois Alzheimer, l’Alzheimer è una malattia irreversibile dalla prognosi infausta. Chi ne soffre, infatti, subisce un progressivo decadimento delle sue funzioni cognitive.

Nel cervello dei malati si formano ammassi neurofibrillari e placche amiloidi, ed è proprio su queste formazioni che la ricerca si è negli ultimi anni concentrata. L’obiettivo è stato a lungo quello di distruggere tali proteine aberranti, ed è in tale strategia che si inserisce l’Aducanumab. Il farmaco in questione mira infatti a distruggere la beta amiloidi riducendo così i danni cerebrali associati. Tuttavia, il processo d’approvazione del farmaco è stato controverso. Durante la fase III del trial, e dunque durante la fase che valuta la reale efficacia di un farmaco, le due sperimentazioni non hanno mostrato il ruolo rivoluzionario dell’Aducanumab: uno studio ha effettivamente dimostrato un rallentamento, seppur minimo, del declino cognitivo. Il secondo studio non ha invece dimostrato rallentamenti. In tutti gli studi, tuttavia, il farmaco ha ridotto significativamente il livello delle placche amiloidi nel cervello (e si pensa che la riduzione della placca amiloide si traduca in una riduzione del declino clinico).

Il parere dell’esperto sul nuovo farmaco per l’Alzheimer

Abbiamo chiesto cosa ne pensa dell’aducanumab alla dott.ssa Sara Fascendini, specialista in Geriatria e Direttore del Centro di eccellenza Alzheimer-FERB Onlus dell’Ospedale Briolini di Gazzaniga (BG).

dott.ssa Sara Fascendini, primario Centro Eccellenza Alzheimer
dott.ssa Sara Fascendini

“Noi addetti ai lavori aspettavamo da tempo la decisione di FDA su Aducanumab. La notizia è certamente positiva ed apre uno spiraglio di possibilità nella cura farmacologica della Malattia di Alzheimer” ha commentato. “È tuttavia necessario mantenere un atteggiamento cauto e cercare di evitare di diffondere notizie incomplete o, peggio, inesatte, rischiando di generare false attese e speranze nei malati e nelle loro famiglie. Questo sarà infatti un farmaco riservato ad una popolazione selezionata di malati, con caratteristiche molto precise e con decadimento cognitivo di grado estremamente lieve”.

“In generale, non possiamo assolutamente pensare di risolvere il grande problema delle demenze, che riguarda milioni di persone nel mondo, utilizzando solamente una terapia farmacologica. Vanno messi in atto seri programmi per la diagnosi precoce, la prevenzione, la presa in carico lungo tutto il decorso della malattia, il supporto ai familiari, la lotta allo stigma e la creazione di comunità supportive ed inclusive per le persone con demenza”.

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