Allenare la mente per diventare “Respons-abili” e attivare il cambiamento

Sfido chiunque di noi, nell’ascoltare Silvia Rizzi – Psicologa dello sport, Mental Coach e Psicoterapeuta – a non trovare qualche somiglianza tra la propria immagine allo specchio e quella dei tanti “demoni” che ci inchiodano al divano o al nostro presente, invece di aiutarci a prendere le migliori decisioni per il nostro benessere. Silvia Rizzi è una delle protagoniste del TEDx Padova Salon di sabato 4 dicembre, dal titolo “Allenati a vincere”, dove la incontriamo in veste di Psicologa dello sport del G.S. Fiamme Oro Atletica Polizia di Stato

Abbonamenti annuali a palestre in cui non siamo più entrati dopo le prime due settimane, pacchetti di massaggi acquistati a primavera e mai usati, vestiti comprati di una taglia in meno perché “tanto dimagrisco”, iscrizioni a piattaforme di crescita personale e App di benessere a cui ci siamo solo loggati. Talvolta a inchiodarci può essere il sabotatore che è dentro di noi, altre volte un attacco di “rimandite”, diffusa “patologia” che ci invita a procrastinare costantemente, altre volte a affliggerci può essere il “lamento”. Insomma: quale cosa ci fa lo sgambetto, se tutte queste cose sono lì a portata di mano e spesso sono già in nostro possesso perché le abbiamo acquistate? La risposta è: la mente. Sempre lei, questa piccola parte del nostro corpo che influenza in modo determinante chi siamo, le nostre convinzioni e i nostri comportamenti.

La psicologa Silvia Rizzi

Dunque Silvia perché è così facile rinunciare in partenza?

Molto spesso facciamo delle scelte per reagire, ma a queste non segue l’agire. Mi spiego meglio: reagiamo ad un malessere, a un’insoddisfazione, ma non agiamo verso un obiettivo chiaro. L’abbonamento in palestra, l’inizio di una dieta, lo smettere di fumare possono essere la reazione a qualcosa che non ci piace, che ci crea disagio e che vorremmo cambiare. Tecnicamente si dice che queste motivazioni sono una reazione che fa leva sul dolore. Tuttavia spesso ci diciamo anche “ok inizio lunedì”, ma questo lunedì non arriva mai. Ciò che abbiamo chiaro è solo quello che non vogliamo più, ma abbiamo poco chiaro ciò che vogliamo e come arrivarci. 

Quando nel mio lavoro incontro le persone che vogliono iniziare ad allenare la mente, la prima cosa che chiedo è “dove vuoi arrivare? Cosa deve accadere perché tu sappia di essere arrivato/a proprio dove tu vuoi andare?” E molto spesso la risposta è “non mi voglio più sentire così”. Ma questa non è la risposta alla mia domanda, perché sapere cosa non vuoi più non equivale a sapere cosa si vuole. Quindi è ok sapere cosa non vuoi più, ma se non sai dove vuoi andare è come salire su un taxi e dire al tassista “portami via da qui”. Quel tassista ti porterà via da lì, ma dove ti porterà? La metafora spiega cosa ci fa rinunciare ancora prima di partire. Nessun pasto è gratis, come riporta una nota citazione. Per migliorarsi bisogna fare fatica e perché dovremmo fare fatica se non sappiamo cosa raggiungere?

Quali sono le trappole mentali più diffuse e come agiscono?

Mi piace giocare con le parole e dire che la MENTE mente. Perché se è vero che grazie alla mente si può arrivare a raggiungere grandi traguardi, è altrettanto vero che la mente può essere il punto di svolta tra la realizzazione di un obiettivo e un fallimento.

Le trappole mentali che noto essere molto diffuse in tutti noi sono tre. La prima trappola è la “rimandite”. Tendiamo a procrastinare le cose che ci sembrano obblighi, oppure quando temiamo di essere criticati, o ancora quando abbiamo la sensazione di essere sempre in ritardo e ci sentiamo sopraffatti. Ma più rimandiamo, più la nostra percezione di non essere all’altezza aumenterà a dismisura facendoci chiudere le nostre giornate con insoddisfazione e frustrazione. 

La seconda trappola è il “sabotatore”. Alcuni studi dicono che le informazioni viaggiano a 430 km/h per 70mila pensieri al giorno. Non so se questi dati siano attendibili, ciò che noto è che molto spesso durante la giornata dentro la nostra testa passano pensieri poco utili del tipo “non ce la faccio” “non valgo abbastanza” “non l’ho mai fatto prima e quindi non sono capace”. Un vero e proprio sabotaggio mentale che non fa altro che amplificare le nostre insicurezze creando convinzioni depotenzianti. I pensieri sono opinioni e le opinioni creano convinzioni, ma non sono né veri, ne falsi. Attiviamo inconsapevolmente dei bias cognitivi, ma se alleniamo la consapevolezza li possiamo riconoscere e quindi disinnescare. 

La terza trappola è il lamento. Il lamento è inclusivo: riguarda tutti noi. Non lascia fuori nessuno. Davvero tu che stai leggendo questo articolo mi stai dicendo che non ti è mai capitato di lamentarti almeno una volta nella vita? C’è una buona e una cattiva notizia per te. La cattiva notizia è che se continui a lamentarti otterrai sempre ciò che hai ottenuto fino ad ora perché il lamento è contagioso. La buona notizia è che non sei sbagliata/o. Ci lamentiamo tutti, e spesso anche a ragione, ma a te sta sempre scegliere se allenare la mente o allenare il lamento.

È possibile riprogrammare il nostro atteggiamento?

È possibile intervenire sulle nostre abitudini e così facendo nel tempo allenare nuove convinzioni e nuovi atteggiamenti. Per far scendere la teoria nei muscoli prendiamo come esempio la rimandite. La procrastinazione è solo la punta dell’iceberg. Noi psicologi la chiamiamo “sintomo” perché non è il problema da risolvere, ma l’indicatore di altre questioni che sono sommerse e che vanno affrontate. Ad esempio sotto la rimandite ci può stare la paura di fallire, il timore che venga minacciato il nostro valore o la nostra indipendenza. E finiamo per diventare giudici spietati di noi stessi rifugiandoci nel perfezionismo. 

Se vuoi passare dall’essere procrastinatore all’essere un realizzatore è fondamentale, ad esempio, avere un quadro realistico di come impieghi il tuo tempo. Quindi: prendi carta e penna e per una settimana fai un inventario di tutte le attività che svolgi ogni giorno e di quanto tempo ci dedichi. E dopo una settimana rileggi i tuoi appunti e nota se le attività che hai svolto erano urgenti o importanti. Se settiamo le nostre giornate in base ad un criterio di urgenza avremo sempre la sensazione di essere in affanno. Se cambiamo questo criterio, cambierà anche la nostra modalità di pianificazione. E se cambierà questa abitudine, cambierà anche il nostro stato d’animo.

Che cosa si intende per allenamento mentale?

Ne ho fatto un brevissimo e generico esempio nella risposta precedente. L’allenamento mentale è una risorsa che possiamo usare per migliorare i nostri processi mentali. In concreto è importante eliminare le giustificazioni perché la “scusite” è un’altra trappola che ci blocca. Quante volte ci raccontiamo delle scuse del tipo “non ho tempo” oppure “ora non è il momento giusto”? La chiave di svolta, invece, sta nell’assumersi la
“respons-abilità” del risultato, dando valore ai nostri traguardi. E per gli insuccessi? La domanda chiave è “che cosa ho imparato da poter far meglio la prossima volta?” L’allenamento mentale è strettamente legato alle esigenze di una persona e agli obiettivi che intende raggiungere. L’ambito principale in cui si esprime l’allenamento mentale è quello sportivo e delle Human Performance. Tuttavia è una risorsa molto utile quando si vuole lavorare sulla propria crescita personale, salute e sul proprio benessere.

In quanto tempo è possibile cambiare questi Mind-Set?

Esistono varie scuole di pensiero. Ad esempio è molto nota la teoria dei 21 giorni per adattarsi a una nuova abitudine. Maxwell Maltz, un chirurgo plastico, scoprì che i pazienti che erano stati sottoposti a un’operazione al viso, impiegavano 21 giorni per abituarsi ai nuovi tratti del loro volto. Altri studi, invece, ci dicono che in media ci vogliono circa 2 mesi perché un’abitudine diventi automatica, per l’esattezza 66 giorni. E per qualcuno ci vogliono addirittura fino a 8 mesi. 

Nella mia esperienza ho notato che è molto importante comprendere i bisogni di chi si rivolge ad un professionista della mente. Il mio metodo di lavoro come Psicoterapeuta risponde a specifici bisogni psicologici e psicoterapici. Il mio metodo di lavoro come “allenatrice mentale” risponde a specifici bisogni legati al miglioramento dei processi mentali e al benessere. E quindi posso dire che le con le tecniche di allenamento mentale ci sono persone che ottengono miglioramenti in poche settimane e altre impiegano un tempo maggiore. Quando si parla di allenamento mentale, l’impegno personale è comunque e sempre una variabile imprescindibile.

Di quale tecniche ci si avvale?

Le tecniche utilizzate dipendono dalla formazione del professionista che si occupa di allenamento mentale. Le tecniche che personalmente utilizzo sono molteplici. Fanno parte del mio bagaglio di competenze acquisite negli anni, ma so già che non mi fermerò qui perché l’aggiornamento professionale è uno dei miei modi per allenare la mente e non il lamento.

Per citarne alcune: il Training Autogeno, la Mindfulness, le tecniche di respirazione, l’imagery, la P.N.L., il self talk, il focusing, il thought stopping, il coaching, il Problem Solving Strategico.
Scelgo le tecniche da utilizzare in modo attento proprio sulla base delle richieste di chi ho di fronte e degli obiettivi concordati. Non esiste un percorso rigido, standard e precostituito. Ritengo che non sono le tecniche a cambiare le persone, ma la connessione che si crea tra una persona, il professionista e la tecnica.

Chi sono i soggetti più refrattari al cambiamento, se ci sono?

Non esistono persone refrattarie al cambiamento. Esistono persone che scelgono, più o meno consapevolmente, di attribuire sempre la causa del proprio malessere unicamente fuori da sé, all’esterno e agli altri. Questo protegge dal sentirsi “respons-abili” delle cose che non vanno come si vorrebbe. Una famosa poesia dice che “è sempre chi più sa che più ha dolore”. La consapevolezza, infatti, spesso presenta i propri conti, ma è l’unico strumento affidabile per cambiare ciò che è sotto la nostra “respons-abilità”.

Per ulteriori informazioni visita il sito web https://silviarizzi.it/.

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