Le “barriere” del diabete: perché si usano poco i microinfusori?

Il diabete è stato spesso chiamato la “pandemia invisibile”, perché sempre più persone di ogni l’età ne soffrono in tutto il mondo. Per fortuna, le tecnologie a servizio di chi soffre a causa di questa patologia sono molte. Negli ultimi anni però, i pazienti diabetici hanno a disposizione molte novità tecnologiche ed invenzioni per controllare la malattia, come abbiamo scoperto in questo nostro articolo.

Nel terzo e ultimo appuntamento dedicato al Mese della Prevenzione del Diabete e al centenario della scoperta dell’insulina, analizzeremo invece uno studio sulle barriere che sembrano essere ancora presenti intorno a queste tecnologie che possono semplificare le vite dei pazienti diabetici.

Il nuovo studio

Questo studio è stato pubblicato online sulla rivista scientifica peer-reviewed AboutOpen Diabetology, dalla Professoressa Katherine Esposito direttrice dell’Unità di Programma di Diabetologia, del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Avanzate all’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. La professoressa Esposito, insieme ad un tema di esperti in diabete e malattie metaboliche provenienti da altre Università di tutta Italia, ha analizzato queste barriere che impediscono a molte persone affette da diabete di accedere alle cure più moderne per questa malattia. 

Come evidenziato dalla professoressa Esposito, per i soggetti affetti da diabete mellito di tipo 1, le terapie per contrastare la malattia sono salvavita, perciò non possono essere mai interrotte. I due tipi di trattamento principali sono la terapia MDI (Multiple Daily Injections, Multi Iniettiva Giornaliera) o la CSII (Continous Subcutaneous Insulin Infusion, Infusione Insulinica Continua Sottocutanea). I dati scientifici dimostrano come la terapia tramite microinfusori sottocutanei sia più efficace, sopratutto perché minimizza il rischio di episodi ipoglicemici che possono far insorgere delle complicanze. Purtroppo, in Italia la terapia con microinfusore è ancora poco diffusa con il solo 18,1% della popolazione interessata. Ma allora perché molti pazienti diabetici continuano a scegliere il trattamento con diverse iniezioni di insulina ogni giorno?

La prof. Esposito spiega come le barriere alla diffusione di questa tecnologia possono essere suddivise in due categorie principali: i fattori non modificabili e i fattori modificabili. I primi sono di solito di natura socio-economica e demografica, mentre i secondi sono legati al sentimento personale (o familiare). Sono proprio quest’ultimi che sono stati presi maggiormente in considerazione dallo studio. 

Giovani e Nuove Tecnologie

Un dato interessante riguarda i gruppi di pazienti più giovani (18-25 anni, 26-34 anni). Questi infatti hanno identificato delle “barriere” in più rispetto agli altri gruppi, soprattutto per quanto riguarda la “portabilità” dei dispositivi. Spesso, in altri campi, si dice che i giovani facciano troppo affidamento alla tecnologia. In questo caso però hanno espresso diverse preoccupazioni nel dover affidare la propria salute ad un dispositivo tecnologico esterno. Inoltre, sempre in questo gruppo, sono emerse delle ansie sociali legate alla considerazione degli altri e al non volere che i coetanei si accorgano dei dispositivi e facciano domande.

Da un punto di vista pratico, lo studio registra anche che sono abbastanza numerosi i casi di “drop-outabbandono della terapia con microinfusore tra gli adolescenti e i giovani adulti. Spesso l’abbandono si registra sopratutto tra i 10 e i 15 anni, in particolare nel genere femminile. Il motivo più comune è il cosiddetto burnout da diabete, cioè la stanchezza legata alla necessità del monitoraggio continuo dei livelli di glucosio e di dover scrivere e tenere conto dell’assunzione giornaliera di carboidrati. Tra le altre motivazioni invece troviamo: la preoccupazione per l’immagine del proprio corpo (rischio di aumento di peso), il fatto che il dispositivo può interferire con alcune attività o la sensazione di troppa visibilità del dispositivo esterno.

I bambini e le “barriere” dei genitori

Sempre in questo studio si prende in considerazione anche i pazienti pediatrici affetti da diabete. Sono state studiate le barriere dei genitori nell’utilizzo di una tecnologia che si è dimostrata efficace anche in questa fascia d’età. Le due ragioni principali sono state: il risvolto psicologico e fisico dell’uso di un dispositivo esterno sul bambino e i dubbi sulla reale efficacia terapeutica della terapia. Nel primo caso, li comfort fisico e la libertà di non avere addosso un dispositivo sembrano prevalere anche sul consiglio del medico di famiglia o del diabetologo. Nel secondo, riguardo all’efficacia terapeutica, lo studio sottolinea come la preoccupazione potrebbe derivare dal fatto che il trattamento con multiple iniezioni è ormai di uso comune con una concezione apparente che sia più “semplice” da comprendere e gestire.

Tutto questo evidenzia come siano necessari degli interventi d’educazione medica a tutto campo. Non solo per sottolineare l’efficacia della terapia a microinfusione ma anche per educare sulla semplicità di utilizzo e di gestione del dispositivo. Inoltre, negli ultimi anni, sono disponibili dei microinfusori di nuova generazione, piccoli, discreti e senza catetere tali da essere praticamente invisibili una volta applicati. Nel caso invece delle preoccupazione di carattere psicologico, sarebbe necessario un investimento per consentire un approccio multidisciplinare. Si potrebbe ipotizzare, un aiuto psicoterapeutico per tutte quelle persone che provano disagio nel seguire un trattamento che, potenzialmente, potrebbe migliorare e semplificare in maniera significativa le loro vite.

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