Un nuovo modello per prevedere la risposta all’immunoterapia
Un team di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e del Politecnico di Milano ha sviluppato un innovativo “gut-on-chip”, un modello miniaturizzato dell’intestino umano in grado di riprodurre le condizioni dell’infiammazione intestinale e prevedere la risposta dei pazienti con melanoma farmacoresistente alla terapia immunologica. Lo studio, pubblicato su Nature Biomedical Engineering (si apre in una nuova finestra), apre nuove prospettive per personalizzare i trattamenti oncologici.
Il legame tra microbiota e immunoterapia per il melanoma
Da tempo è noto che l’interazione tra microbiota intestinale e immunoterapia gioca un ruolo chiave nella risposta ai trattamenti. Tuttavia, studiare questi meccanismi negli esseri umani è complesso, poiché richiederebbe procedure invasive come la colonscopia, non giustificate per i pazienti in terapia per melanoma. L’infiammazione intestinale, infatti, è uno degli effetti collaterali più frequenti dell’immunoterapia, spesso costringendo i pazienti a interrompere il trattamento.
Per superare questo ostacolo, gli scienziati hanno applicato la tecnologia degli “organi su chip” per replicare in laboratorio le dinamiche tra microbiota e sistema immunitario.
Il gut-on-chip: una tecnologia rivoluzionaria
Il dispositivo si basa sulla tecnologia brevettata uBeat del Politecnico di Milano, originariamente sviluppata per simulare le contrazioni cardiache e poi adattata per riprodurre le condizioni biomeccaniche dell’articolazione del ginocchio.
“In questo lavoro l’abbiamo invece applicata per ricreare il tipico movimento peristaltico del tratto intestinale. Grazie ai continui movimenti generati da uBeat, è possibile far differenziare le principali popolazioni intestinali a partire da organoidi umani, riproducendo su chip un ambiente altamente realistico. La capacità di guidare processi biologici così complessi mediante la sola ingegnerizzazione apre prospettive molto promettenti, soprattutto nella realizzazione di modelli in vitro umanizzati destinati a sostituire l’utilizzo di animali in numerosi ambiti” spiega Marco Rasponi, Professore Ordinario del Politecnico di Milano.
Un nuovo approccio per la personalizzazione delle cure del melanoma
Lo studio ha evidenziato che il microbiota dei pazienti con melanoma non responsivi all’immunoterapia presenta caratteristiche pro-infiammatorie, che compromettono l’integrità della barriera intestinale e influenzano negativamente la risposta immunitaria.
“Abbiamo scoperto che il microbiota dei pazienti con melanoma che non rispondono all’immunoterapia ha pronunciate caratteristiche pro-infiammatorie, che danneggiano l’integrità della barriera epiteliale dell’intestino e promuovono la produzione di molecole in grado di regolare il sistema immunitario” afferma Mattia Ballerini, primo autore dello studio.
Grazie a questi risultati, il gut-on-chip potrebbe diventare un prezioso strumento clinico per prevedere l’efficacia dell’immunoterapia prima di iniziare il trattamento.
“L’idea di studiare l’influenza che il microbiota intestinale esercita sulla risposta all’immunoterapia dei pazienti con melanoma, parte dai miei studi in USA. Ora, grazie all’interazione con il Politecnico di Milano, siamo riusciti a realizzare questo nuovo dispositivo, che ci ha permesso di studiare nel dettaglio i meccanismi molecolari attraverso i quali il microbiota interagisce con le cellule dell’epitelio intestinale.
Queste caratteristiche possono essere utilizzate in clinica come marker per prevedere la risposta all’immunoterapia e stratificare i pazienti, così da poter somministrare la cura solo a chi più probabilmente ne beneficerà. Si otterrebbe così un importante vantaggio in termini di qualità di vita dei pazienti e allo stesso tempo un notevole risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale” sottolinea Luigi Nezi, Group Leader del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’IEO.
Verso nuove strategie terapeutiche
Il gut-on-chip potrebbe non solo migliorare la selezione dei pazienti più idonei all’immunoterapia, ma anche aprire la strada a nuove strategie terapeutiche.
“L’utilizzo del nostro gut-on-chip potrà evitare a pazienti resistenti alla terapia il rischio di inutili effetti collaterali, dando ai loro oncologi la possibilità di somministrare eventuali terapie che li predispongano a una migliore risposta. Per far questo basterà prelevare un campione fecale e testarne gli effetti sul nostro gut-on-chip.
Infine, è importante sottolineare che stiamo utilizzando questo sistema per studiare i meccanismi molecolari coinvolti nella risposta all’immunoterapia in altri tumori, dove i benefici per i pazienti risultano ancora marginali. Il nostro obiettivo è generare in questo modo nuove opportunità di sviluppo per terapie innovative basate sulla modulazione del microbiota intestinale, per fornire a sempre più pazienti l’accesso a cure efficaci” conclude Luigi Nezi.