Arti visive: il progetto StArt

Stimolazione con l’arte, è questo il significato racchiuso nell’acronimo StArt, il progetto ideato dalla dottoressa Donata Gollin presso il CRIC, Centro Regionale per lo studio e la cura dell’Invecchiamento Cerebrale di Padova per il trattamento di soggetti con declino cognitivo.

StArt è nato dalla costruttiva sinergia tra molteplici realtà pubbliche (Azienda Ospedaliera, Comune e Università di Padova) e con il contributo della Fondazione per la Ricerca Cardiovascolare e delle Malattie Neurodegenerative, ed è divenuto non solo un modello terapeutico innovativo, efficace sul piano cognitivo, ma anche economicamente sostenibile e replicabile.

Nel museo, definito “palestra per la mente”, termine preso a prestito dal titolo del volume “Una palestra per la mente al museo, Progetto StArt: Percorso innovativo di stimolazione cognitivo-comunicativa con le arti visive”, di Donata Gollin, Cristina Ruaro, Alessia Gallo, Barbara Luciana Cenere e Marco Simoni, (Edizioni Erickson, 2022), si rallenta il declino cognitivo, ottimizzando e potenziando le risorse personali e si ottiene un impatto positivo sull’invecchiamento.

L’impatto positivo sull’invecchiamento

Alle evidenze benefiche ottenute con il protocollo StArt si sono aggiunti, recentemente, i dati positivi sull’attenuazione dei processi biologici legati all’invecchiamento, registrati dallo studio della professoressa Sofia Pavanello dell’Università di Padova, pubblicati sulla rivista “Frontiers in aging neuroscience”.

La ricerca, condotta su 20 pazienti di età compresa tra 64 e 85 anni, con un disturbo neuro-cognitivo nella fase lieve o moderata della malattia, ha messo in luce in maniera precisa, misurando due orologi biologici fondamentali – orologio epigenetico nel DNA (DNAmAge) e lunghezza dei telomeri (LTL) – l’effetto positivo nella riduzione dei processi di invecchiamento, ottenuto con un ciclo di attivazione cognitiva mediato dalle arti visive.

Le peculiarità del progetto StArt

«Il nostro progetto StArt differisce in maniera sostanziale rispetto ad altre esperienze simili – spiega Carlo Gabelli, responsabile del CRIC di Padova – è nato e si è sviluppato in ambito medico riabilitativo. Siamo stati noi a cercare il museo e a costruire un percorso che, accanto allo stimolo cognitivo offerto dall’arte, riportasse il paziente fuori dall’ambulatorio, nel cuore della cultura, a contatto con le opere, in un tessuto di relazioni. Il paziente può riprendere uno spazio sociale e culturale all’interno della comunità, traendo ulteriori benefici rispetto a quelli cognitivi. In questi anni abbiamo lavorato in maniera significativa per la riduzione dello stigma sociale che accompagna la disabilità cognitiva e che purtroppo rappresenta un pesante fattore di discriminazione. Oggi, con i dati raccolti dal nuovo studio, abbiamo fatto un ulteriore passo avanti nella misurazione dei risultati clinico-biologici e nella dimostrazione del fondamentale ruolo dell’integrazione di trattamenti non farmacologici per il benessere generale del paziente». 

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