La vita è abbondanza e ognuno di noi è nato per vivere nella gioia, nella salute e nell’amore. Non c’è motivo per cui non debba essere così. Basta guardarsi intorno: la natura è bellezza e prosperità. Eppure, forse non te ne sei ancora accorto, perché spesso capita di essere intrappolati in credenze poco funzionali che ci limitano e ci impediscono di vedere “oltre”. Ci perdiamo così la meraviglia di vivere l’incanto di ciò che ci circonda e quel profondo senso di gratitudine che ci rende felici quanto ci accompagna.
Oggi, più che mai, abbiamo a disposizione strumenti potenti per crescere nella consapevolezza e migliorare la nostra vita, ma paradossalmente, sembra che l’insoddisfazione, l’infelicità e una sorta di povertà spirituale e affettiva siano sempre più diffuse. È la grande contraddizione del nostro tempo: abbiamo tutto ciò che potremmo desiderare, eppure ci sentiamo spesso vuoti e disconnessi.
Come si fa a cambiare? Come si fa a uscire da una situazione che ci crea sofferenza da un dolore da uno stato d’animo che ci crea malessere?
L’utopia del farmaco
Nella società della techne l’utopia sono i farmaci!
In Italia, il consumo di farmaci continua a crescere, evidenziando una forte dipendenza da soluzioni farmacologiche per affrontare malesseri e disagi. Secondo il rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), la spesa farmaceutica nazionale nel 2022 ha raggiunto 34,1 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto al 2021. Nel 2023, la situazione si è ulteriormente intensificata, con una tendenza che sembra continuare anche nel 2024; i dati preliminari indicano una spesa totale di 4,1 miliardi di euro solo nei primi due mesi, il che rappresenta un aumento del 17% rispetto allo stesso periodo del 2023. (Per approfondire ulteriormente, puoi consultare il rapporto AIFA).
Ignari che il farmaco, così come suggerisce l’etiologia greca, rappresenti sia la cura che il veleno, viviamo in un’epoca in cui, con una leggerezza quasi disarmante, ci abituiamo ad assumere farmaci per ogni piccolo fastidio: un mal di testa, un lieve dolore, un po’ di stress. Questo atteggiamento, sebbene possa sembrare pratico, ci allontana dall’importante dialogo con il nostro corpo. Ogni sintomo è un messaggio, un’informazione preziosa che ci invita a fermarci e ad ascoltare. Ciò che ci sfugge è che, prima di tutto, siamo sordi alle nostre emozioni.
La malattia, infatti, non è semplicemente un evento fisico, ma il risultato di un processo profondo che inizia nel nostro nucleo energetico emotivo. Ogni malessere ha le sue radici in emozioni represse o in tensioni non risolte. È un percorso che si intreccia con fattori esterni, presenti nell’ambiente e che alla fine si riflette nei meccanismi cellulari del nostro corpo.
Quale possibile soluzione?
Ritrovare un dialogo con se stessi
Se nella società della techne la guarigione è la cura, attraverso il farmaco, del sintomo e non della causa profonda, nella società del mito la cura erano i riti, quelli collettivi sacri e quelli personali. Ippocrate curava i malati che raggiungevano alla sua isola dopo un viaggio, lontano da casa, lontano dal cibo che erano abituati a mangiare, dall’ambiente che erano abituati a frequentare, dalle azioni che erano abituati a compiere ogni giorno. I “pazienti” venivano trasportati in un altro scenario, dove il nuovo poteva germogliare dal vecchio, dove il futuro poteva crearsi ancora…
Ebbene noi uomini della techne probabilmente oggi siamo invitati a fare lo stesso. A conoscere noi stessi (così come perentorio invita l’Oracolo di Delfi), ad ascoltare e accogliere le nostre emozioni, ad intraprendere un viaggio dentro di noi che ci conduce all’unica liberà possibile.
Nessun conflitto tra mito e scienza, piuttosto un abbraccio, una complementarità che li unisce; dopotutto a ben vedere il passato del nostro Occidente è più misterioso di quanto pensiamo e la sofferenza è altrettanto misterica!
La capacità di osservare e ascoltare, sentire, le proprie emozioni, è cruciale per il processo di autoguarigione. Quando ci permettiamo di esplorare le emozioni dolorose senza reprimerle, possiamo iniziare a trasformare il nostro rapporto con loro, ricollocandole all’interno della nostra narrazione personale in modo da attribuirvi un nuovo significato.
Quando siamo immersi nelle difficoltà, tendiamo a sentirci intrappolati, come se la sofferenza fosse infinita e totalizzante. Questa percezione crea una chiusura mentale e spirituale che ci limita, facendoci vedere la vita solo attraverso la lente della sofferenza. Tuttavia, quando scegliamo di “alleggerire il cuore”, si crea uno spazio dentro di noi, un’apertura che ci consente di vedere la vita da una prospettiva più ampia. Non si tratta di un semplice “modo di dire”, ma di una trasformazione reale e tangibile: la nostra vita, prima ristretta e soffocata dalla negatività, si espande. La mente si allarga e con essa le nostre opportunità di comprendere e accogliere la realtà in tutte le sue sfumature. Siamo pronti in quel momento a FAR- MAGIA, diventando cioè noi stessi quel “farmacon”, capaci di trasformare il veleno in medicina.
Veleno e rimedio, siamo noi, in prima persona, in grado di usare le nostre sofferenze come strumenti di trasformazione. Quando ci ascoltiamo profondamente e alleggeriamo il cuore, trasformiamo le difficoltà in saggezza e le ombre in luce, diventando alchimisti della nostra vita, capaci di far emergere forza e guarigione da ciò che prima sembrava insormontabile.
L’amore è la chiave. Una molecola meravigliosa che dà a ciascuno di noi la possibilità di fare miracoli.
Ti consigliamo la lettura di Farmagia di Andrea Pietrangeli.
Di Salute non percepisce alcun compenso per l’acquisto del libro segnalato.