Il 92,3% dei possessori di laurea magistrale trova lavoro in ambiti coerenti con la propria specializzazione. Ecco uno dei dati più significativi emersi dalla presentazione FNOPI – Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche – del primo Rapporto sulle Professioni Infermieristiche in Italia.
«Trasformare i dati in informazioni e le informazioni in decisioni». Per Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI, l’obbiettivo del Rapporto presentato a Roma il 12 maggio è chiaro: raccogliere e organizzare evidenze sugli infermieri italiani per permettere alle istituzioni di affrontare efficacemente la questione infermieristica.
Il documento, realizzato dalla FNOPI in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, prende in considerazione numerosi aspetti, arrivando a offrire un identikit della professione infermieristica in cui convergono dati riguardanti i profili anagrafici, la formazione, le opportunità di carriera e il tasso di soddisfazione degli infermieri, ma anche il rapporto con il territorio e i cittadini. Come lo ha definito il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, nel saluto inviato alla Federazione, un vero e proprio «strumento di orientamento per le istituzioni» in cui, con le parole di Mangiacavalli, «le politiche che riguardano gli infermieri devono affondare le radici».
Dal Rapporto, il primo del suo genere nel nostro Paese, emerge del resto l’urgenza di un intervento istituzionale nell’ambito delle professioni infermieristiche. La carenza di infermieri, infatti, non è che la punta dell’iceberg: all’aumentare dell’età media aumenta la richiesta di personale sanitario, ma i dati parlano di una professione che, complici le possibilità di crescita professionale limitate, ha perso attrattiva, con gli scompensi del sistema sanitario che ne conseguono.
I dati emersi dal rapporto
Le quattro sezioni del rapporto sono state illustrate dai professori e ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna: Milena Vainieri, Sabina Nuti e Lorenzo Taddeucci.
Dall’analisi emerge che il rapporto tra infermieri e abitanti è più basso in Sicilia e Lombardia. Dove invece il rapporto aumenta, gli stipendi sono più alti e raggiungono i valori massimi in Trentino Alto-Adige ed Emilia-Romagna. Qui gli infermieri ricoprono con maggior frequenza posizioni apicali, spesso all’interno delle università e quindi nella ricerca e nella messa a regime dell’innovazione scientifica.
Per quanto riguarda la soddisfazione professionale, gli infermieri che lavorano nel contesto dell’assistenza domiciliare e sul territorio risultano maggiormente gratificati rispetto a quelli che operano in ospedale, soprattutto se questi ultimi non vengono adeguatamente coinvolti nei processi gestionali.
Nonostante ciò, il settore pubblico continua a essere la scelta preferita dai professionisti: se nel 2018 l’84,9% dei laureati aveva espresso preferenza per il pubblico, nel 2023 il 78,9% degli infermieri conferma la tendenza.
La soddisfazione dei pazienti
Particolarmente positivi sono i dati registrati rispetto alla soddisfazione dei pazienti, ai quali è stato chiesto di valutare alcuni parametri su una scala da 1 a 100: i punteggi maggiori riguardano coinvolgimento nelle decisioni (78 punti su 100), chiarezza e utilità delle informazioni ricevute (91 su 100), rispetto e dignità (94 su 100) e supporto emotivo (95 su 100).
La formazione come punto di forza
Il rapporto identifica nel percorso formativo la chiave di volta per il futuro della professione. Il profilo degli studenti di infermieristica sta cambiando rapidamente: l’età media alla laurea è scesa a 25,2 anni, con una concentrazione crescente nella fascia 23-24 anni (36,1% nel 2023), in netto calo rispetto alla prevalenza di laureati over 27 registrata nel 2004.
Significativo anche il cambiamento nella provenienza scolastica: aumentati in modo significativo negli ultimi anni, i diplomati dei licei rappresentano oggi il 68,2% degli iscritti a Infermieristica. Il successo occupazionale conferma la validità dei percorsi universitari: come già anticipato, il 92,3% dei possessori di laurea magistrale trova lavoro in ambiti coerenti con la propria specializzazione.
I dati, in sintesi, sembrano incoraggianti, ma non mancano le criticità, tra cui, come sottolineato da Mangiacavalli, la mancanza di crescita professionale una volta inseriti nel contesto lavorativo. Non è quindi un caso se, dopo la laurea triennale, il 25% degli infermieri sceglie di cambiare settore o di spostarsi all’estero dove retribuzione e rapporto tra numero di professionisti e di cittadini sono decisamente più alti.
Verso una strategia nazionale coordinata
Il quadro è in evoluzione e ai segnali incoraggianti sul fronte della formazione e dell’apprezzamento da parte dei pazienti si contrappongono criticità strutturali e squilibri territoriali importanti. In questo senso, il Rapporto FNOPI rappresenta un punto di svolta nell’approccio alla questione infermieristica in Italia. L’auspicio espresso dai promotori dell’iniziativa, infatti, è che i dati raccolti, destinati ad aumentare in quantità e varietà nei prossimi anni, favoriscano lo sviluppo di strategie basate su evidenze concrete. La sfida lanciata dalla FNOPI, con la proposta dell’istituzione di una specifica cabina di regia governativa, è quella di superare la frammentazione delle competenze per affrontare una problematica che non riguarda solo una categoria professionale ma l’intero Sistema Sanitario Nazionale.