Il carcinoma mammario è una delle forme tumorali più diffuse, rappresentando circa il 12% dei casi totali di cancro. Negli ultimi decenni, i progressi delle terapie antitumorali hanno fatto passi da gigante. Uno degli effetti collaterali può essere l’insorgenza di disturbi cognitivi come i “vuoti di memoria”.
I trattamenti oncologici sono sempre più mirati ed efficaci, tanto che il rischio di recidive è significativamente diminuito e l’aspettativa di vita aumentata. In questo panorama si sviluppano quindi nuove evidenze e riflessioni, tra cui la più importante riguarda la qualità di vita.
La diagnosi di cancro porta con sé tutta una serie di implicazioni psicologiche, rilevanti per le donne che si trovano ogni giorno a combattere con la malattia e che andrebbero seguite anche nelle fasi post-trattamento.
Uno dei degli effetti collaterali più notevoli e ad alto impatto sulla vita delle pazienti, ancora spesso sottovalutato, è, appunto, l’esordio di disturbi cognitivi, che possono persistere anche per molti anni. Spesso si manifestano con problemi di memoria, confusione mentale, vuoti di memoria e difficoltà nel reperire le parole.
Questi sintomi sono invalidanti e compromettono in modo considerevole la vita quotidiana, dalla gestione del lavoro, della famiglia, al fare la spesa o leggere un libro, rendendo ancora più difficile la ripresa della ‘normalità’ durante il trattamento e anche dopo la guarigione. L’insorgenza dei disturbi cognitivi è frequente non solo nel carcinoma mammario e dipende da molteplici variabili.
Quali sono le cause dei “vuoti di memoria” connessi alla cura per il tumore?
I fattori che predispongono alla comparsa di disturbi cognitivi, non sono ancora del tutto chiari, ma molti studi hanno mostrato come siano le terapie stesse, che tra gli altri effetti collaterali, svolgono un ruolo determinante nella cosiddetta ‘chemo fog’, termine che viene utilizzato in ambito medico per descrivere appunto la ‘nebbia mentale’ riportata dalle pazienti.
Infatti, la chemioterapia è il tipo di trattamento che appare più implicato, seguito dalle terapie ormonali e dalla radioterapia. I disturbi cognitivi possono però essere presenti anche prima dei trattamenti e si parla quindi più in generale di una condizione cancro-correlata. Ovviamente, vanno tenuti in considerazione anche altri fattori, quali lo stress, l’ansia, i sintomi depressivi e variabili soggettive, che possono portare a delle vere e proprie modificazioni nel sistema immunitario.
Come si può intervenire nella “chemo fog” post trattamenti oncologici?
Fortunatamente, è possibile trovare delle strategie di compenso e che permettono il recupero. Innanzitutto, di cruciale importanza è la diagnosi dei disturbi cognitivi, che va effettuata da professionisti altamente specializzati, cioè i neuropsicologi.
Successivamente alla diagnosi si può intervenire tramite la riabilitazione cognitiva, un tipo di riabilitazione che si basa su esercizi specifici con l’obiettivo di trovare nuove strategie cognitive e recuperare quelle danneggiate. L’intervento riabilitativo va effettuato sempre da neuropsicologi esperti, a mio parere nell’ottica di un trattamento che vada a considerare anche gli altri aspetti psicologi ed emotivi delle pazienti.
Al di la dell’intervento specialistico, come spesso accade, esistono dei semplici consigli che possono essere utili a tutte le età, nella vita quotidiana:
- Attività fisica regolare, per migliorare l’umore e fa bene al nostro sistema immunitario, migliorando l’infiammazione.
- Tenere la mente allenata tramite esercizi che aiutano la nostra memoria e concentrazione, come le parole crociate.
- Alimentazione regolare, l’intestino è infatti in nostro ‘secondo cervello’ e influenza le capacità mentali e psicologiche.
- Esercizi di mindfulness, sono infatti sempre di più gli studi che confermano l’utilità di questa tecnica di psicoterapia.