Alimentazione e attività fisica per la prevenzione dei tumori
Due anni di dieta personalizzata, allenamenti con coach, lezioni di cucina, sessioni di Nordic Walking. È questo il percorso seguito da 46 pazienti con Esofago di Barrett nel corso dello studio denominato CARE-PRO, condotto dall’Unità Operativa di Endoscopia Digestiva dello IOV di Padova. I risultati del trial clinico – finalizzato a studiare l’effetto di una modifica dello stile di vita nel ridurre il rischio di sviluppare adenocarcinoma dell’esofago – sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Nutrients.
CARE-PRO si è svolto sotto la responsabilità scientifica del dottor. Stefano Realdon, con il contribuito in Laboratorio della dottoressa Diletta Arcidiacono, entrambi afferenti alla UOC di Gastroenterologia, diretta dal dottor Alberto Fantin, con la collaborazione del dottor Daniele Nucci, dietista del Servizio di Nutrizione Clinica dello IOV, del coach Emanuela Zoncapè e dell’Associazione Nordic Walking Smile.
Lo scopo della ricerca
Lo studio intendeva valutare l’effetto di un programma di moderata restrizione calorica e proteica sui fattori metabolico-ormonali modificabili, che rappresentano un elemento di rischio per lo sviluppo di adenocarcinoma esofageo nei pazienti obesi o in sovrappeso con Esofago di Barrett. L’esofago di Barrett è una condizione in cui le cellule della mucosa che riveste l’esofago vengono danneggiate, in genere dal reflusso gastroesofageo cronico. L’adenocarcinoma dell’esofago è un tumore la cui incidenza è vertiginosamente aumentata nei paesi occidentali negli ultimi trent’anni. I principali fattori di rischio attraverso meccanismi molecolari solo in parte noti sono obesità, insulino-resistenza ad essa correlata, oltre che il reflusso esofageo cronico.
«L’effetto dell’intervento è stato valutato sui parametri antropometrici con una riduzione del peso e della circonferenza addominale nel 65% dei pazienti che hanno effettuato il percorso previsto. Le indagini molecolari sui sieri e sulle biopsie esofagee hanno dimostrato in molti di questi pazienti una inibizione del segnale pro-tumorale attivato dall’insulina e dal fattore di crescita insulino-simile (IGF1) direttamente sul tessuto esofageo. Questo importante studio ha permesso quindi di dimostrare – ha illustrato il dottor Fantin – come un programma strutturato su alimentazione ed attività fisica messo a punto da professionisti qualificati è in grado di indurre nei pazienti più a rischio un nuovo assetto metabolico con una diminuzione significativa dell’IGF1 libero e conseguente attenuazione del segnale mitogenico responsabile della trasformazione neoplastica a livello esofageo».
Dieta, movimento, lezioni di cucina e sostegno della coach
Ad essere coinvolti sono stati 46 pazienti con Esofago di Barrett reclutati nel braccio interventistico, affidati al dottor Daniele Nucci, dietista del Servizio di Nutrizione Clinica dello IOV. Per due anni, una volta al mese hanno incontrato il dietista individualmente per una consulenza durante la quale veniva visionato il diario alimentare settimanale compilato dal soggetto affinché il nutrizionista potesse intervenire laddove necessario. La quantità giornaliera di calorie è stata ridotta di 600 Kcal rispetto alla richiesta energetica individuale, stimata combinando il metabolismo basale e il livello di attività fisica. Oltre alla restrizione calorica, l’intervento alimentare prevedeva un introito proteico limitato a 0.8 g proteine/Kg di peso corporeo, per lo più derivanti da cibi di origine vegetale.
Dopo ogni sessione di consulenza i pazienti incontravano il “coach”, ossia Emanuela Zoncapè, un’infermiera qualificata che lavorava con loro per motivarli a superare quei comportamenti che rappresentavano un ostacolo al cambiamento del loro stile di vita. Ogni paziente ha inoltre partecipato a tre lezioni di cucina della durata di quattro ore ciascuna. L’obiettivo della parte pratica è stato quello di fornire all’utente competenze e conoscenze in modo da modificare il loro approccio alla tavola, preparare pasti gustosi e dietetici al fine di raggiungere l’introito calorico obiettivo del percorso. Inoltre, due volte al mese, i pazienti sono stati coinvolti in sessioni di Nordic Walking di moderata intensità in collaborazione con l’Associazione Nordic Walking Smile. L’indagine ha coinvolto anche 54 pazienti di controllo.