I farmaci sono fondamentali per la cura delle persone e oggetto di costante avanzamento tecnologico, nel nome della ricerca scientifica e del benessere collettivo. Tuttavia, l’impatto della dispersione dei farmaci nell’ambiente deve essere attentamente valutato.
Il percorso del farmaco: dall’assunzione alla sua dispersione
Ogni anno, nel mondo, vengono prodotte migliaia di tonnellate di medicinali e si stima che l’industria farmaceutica emetta più anidride carbonica dell’industria automobilistica. Ma al di là delle emissioni prodotte dal processo di produzione, è soprattutto l’uomo, in quanto vettore involontario, a contribuire all’inquinamento atmosferico partecipando alla dispersione dei principi attivi nell’ambiente.
Dopo l’ingestione, il farmaco entra in circolo nel nostro organismo e raggiunge il sito bersaglio per svolgere la sua funzione curativa. Subito dopo, si attiva il processo del metabolismo grazie al quale il principio attivo dovrebbe essere trasformato in un metabolita inattivo. Tuttavia, molti dei medicinali che assumiamo quotidianamente non vengono metabolizzati e, nel momento in cui sono espulsi dall’organismo non sono completamente inattivi.
Il farmaco viaggia attraverso feci e urine nelle acque fognarie e raggiunge gli impianti di depurazione urbana che, non essendo progettati per degradare le sostanze di origine farmaceutica, riversano nei fiumi e nei laghi i principi attivi. Nell’ambiente, inizia il processo di degradazione del farmaco, che può avere una durata più o meno lunga in base alla sostanza rilasciata. Prodotti chimici come eritromicina, ciclofosfamide, naproxene e sulfasalazina, ad esempio, hanno una vita media di circa un anno. Ma vi sono alcune sostanze che possono avere una persistenza ben più lunga.
I danni all’ambiente della dispersione di farmaci
Tutto ciò ha ripercussioni su ambiente e animali. Alcuni esempi sono le alterate capacità riproduttive delle popolazioni di pesci esposte alle terapie ormonali e ginecologiche, gli effetti di vari antibiotici su batteri e alghe, gli impatti dell’oxazepam sul pesce persico europeo e quelli del diclofenac sugli avvoltoi spagnoli. Nel maschio di un pesce d’acqua dolce molto diffuso nei fiumi inglesi, l’esposizione a interferenti endocrini ha causato femminilizzazione, con conseguenti danni al sistema riproduttivo.
Per quanto le concentrazioni ambientali misurate siano limitate e apparentemente non dannose per l’uomo, ciò che desta preoccupazione è l’esposizione nel lungo periodo, che può verificarsi anche attraverso la catena alimentare. Per il futuro, inoltre, si teme che il fenomeno della contaminazione aumenti a causa dell’avanzamento dell’età media o per la diffusione delle comorbidità.
I progetti di ricerca e monitoraggio della contaminazione ambientale da farmaci
Da questa problematica, sono nati diversi progetti di monitoraggio e ricerca della dispersione dei farmaci nell’ambiente. In Italia, ad esempio, è stato avviato uno studio chiamato “AQuaPO” guidato dall’ Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po, dall’Istituto Superiore di Sanità, dalla Fondazione Lombardia per l’Ambiente e dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Il territorio di indagine di questo progetto è dato dalle aree di confluenza del Po, con i principali affluenti Lambro, Adda, Ticino, Tanaro, Oglio, Mincio e Secchia. I primi prelievi sono iniziati in questi giorni, con lo scopo di quantificare la presenza di residui di farmaci, cosmetici e pesticidi e l’elaborazione dei dati che emergeranno dai campionamenti consentirà la comunicazione dei risultati del progetto nel 2025.
“In base alle analisi condotte in Italia, sia nei fiumi che tramite l’analisi delle acque reflue, il consumo prevalente è quello di antinfiammatori, diuretici, farmaci per la riduzione del colesterolo, oltre ad un uso abbondante di antibiotici che comunque non è egualmente diffuso in tutte le regioni, rilevando una maggior presenza nel sud Italia rispetto al nord” spiega la Dottoressa Sara Castiglioni, Capo Laboratorio Indicatori Epidemiologici Ambientali dell’Istituto Mario Negri di Milano. “Inoltre, nelle aree del nostro paese che registrano una maggior presenza di allevamenti, abbiamo riscontrato anche la presenza di antibiotici ad uso veterinario, che purtroppo si riversano nei fiumi. L’Italia è tra le nazioni in Europa che ha il consumo più elevato di antibiotici e questo crea un certo allarme perché la concentrazione di questi farmaci nell’ambiente può favorire l’insorgenza di antibiotico resistenza, uno dei maggiori problemi sanitari del momento”.
E’ interessante notare come, nel confronto con ricerche simili condotte in altre parti di Europa, si rilevi una differenza nella concentrazione delle sostanze rinvenute nelle acque: nel Nord Europa, ad esempio, non si riscontra una maggiore quantità di antibiotici, ma di sedativi e antidepressivi.
Le misure europee per contrastare le contaminazioni ambientali dei farmaci
Tra gli strumenti messi in atto dall’Unione Europea per combattere questi fenomeni, vi è l’Enviromental Risk Assestment (ERA), un processo di valutazione dell’impatto ambientale del farmaco. Secondo la legislazione europea, i farmaci sono considerati “contaminanti di preoccupazione emergente” non essendoci una chiara cognizione di quale sia il loro decorso nell’ambiente e quali possano essere i danni che arrecano all’ecosistema.
Una delle azioni più importanti della strategia farmaceutica per l’Europa è affrontare le sfide ambientali legate all’uso dei farmaci. Ciò include il rafforzamento dell’ERA al momento dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) dei prodotti e la revisione della legislazione farmaceutica ove necessario. L’obiettivo generale dell’ERA dovrebbe essere quello di consentire l’identificazione e la gestione completa ed efficace di rischi ambientali dei prodotti medicinali, senza però compromettere la disponibilità dei farmaci per i pazienti. Oggi l’ERA è obbligatoria per tutte le aziende che immettono i loro medicinali sui mercati dell’Unione.
Come smaltire correttamente i farmaci scaduti o non più necessari
In base alla legislazione in materia, i medicinali rientrano fra i rifiuti urbani pericolosi e non possono essere gettati semplicemente nella spazzatura. Se la confezione e il foglietto illustrativo vanno buttati nella carta, il farmaco, scaduto o non più necessario, va portato, all’interno del suo blister, nei contenitori dedicati allo smaltimento di questi prodotti, localizzati presso le farmacie.
Bisognerebbe sempre evitare di fare scorte di farmaci e di acquistate medicinali in maniera preventiva, attenendosi alle reali esigenze e alle indicazioni del medico e dello specialista.