Il tumore del colon rappresenta oggi una delle più grandi sfide della ricerca biomedica. Ogni anno nel mondo sono diagnosticati più di un milione di nuovi casi, di cui quasi 325 mila in Europa e quasi 34 mila solo in Italia.
Si tratta del secondo tumore maligno più frequente nella donna e del terzo nell’uomo. Il primo trattamento per il tumore del colon è la chirurgia in 8 pazienti su 10. Il trattamento chirurgico però non è sempre sufficiente: infatti, senza ulteriori terapie, dopo la chirurgia, in molti pazienti possono rimanere delle micro metastasi ovvero piccolissimi depositi di cellule tumorali non inizialmente rilevabili agli esami diagnostici.
Per questa ragione la maggior parte dei pazienti viene oggi trattata con la chemioterapia cosiddetta adiuvante, anche se circa metà dei pazienti operati non ne avrebbe bisogno perché non presenta alcun tipo di micro metastasi.
Avere un modo per valutare e misurare la presenza o meno di micro metastasi post chirurgia permetterebbe di personalizzare la terapia adiuvante, restringendone l’uso ai soli pazienti che presentano effettivamente questa “complicanza”, con grande vantaggio per coloro che non ne hanno bisogno.
Per identificare i pazienti “critici” risulta promettente una nuova tecnica sperimentale che individua la presenza delle micro metastasi misurando il DNA tumorale da esse rilasciato, direttamente nel sangue. Questa nuova metodica si chiama biopsia liquida.
Dimostrare che la biopsia liquida può guidare la scelta del trattamento post chirurgico, personalizzandolo per ogni paziente, è l’obiettivo dello studio Pegasus, lanciato nei giorni scorsi e condotto dalla dottoressa Silvia Marsoni dell’IFOM di Milano, e sostenuto da Fondazione AIRC nell’ambito del programma 5×1000 coordinato dal Prof. Alberto Bardelli, dell’Università degli studi di Torino e dell’Istituto di Candiolo FPO-IRCCS.
«Non abbiamo sempre idea di quali siano i pazienti che hanno bisogno di una chemioterapia perché il loro tumore è destinato a ricadere, e quali invece la farebbero per niente, perché il loro tumore è già completamente guarito grazie all’intervento del chirurgo – spiega la Dr.ssa Sara Lonardi, responsabile clinico dello studio PEGASUS, Dirigente Medico presso l’Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova -. La ricerca del DNA del tumore all’interno del sangue del paziente stesso ci potrà dire se quel paziente ha un rischio maggiore di ricaduta e quindi necessita di un trattamento più intensivo, rispetto a un altro che non ha DNA tumorale circolante e quindi probabilmente ha bisogno di un trattamento meno intensivo».
Nonostante l’emergenza sanitaria e le sfide dell’anno passato, dallo scorso giugno a oggi lo studio è stato attivato in 8 centri, tra cui 5 ospedali italiani e 3 spagnoli, sottolineando ancora una volta come l’unione di diverse competenze e prospettive sia indispensabile nell’intricato percorso della ricerca biomedica.
«Speriamo di aggiungere un piccolo tassellino che insieme al lavoro di tanti altri colleghi in tutto il mondo ci aiuterà a identificare quali sono i pazienti da trattare e a trattarli sempre nella maniera più appropriata», sottolinea la Dr.ssa Sara Lonardi.
Come funziona concretamente il progetto Pegasus per personalizzare il trattamento del tumore al colon?
I pazienti reclutati nello studio vengono seguiti per tutta la durata del loro percorso clinico terapeutico, anche per mezzo della biopsia liquida.
Il test viene ripetuto periodicamente per modulare l’intensità del trattamento chemioterapico o per sospenderlo, a seconda della presenza o meno del DNA tumorale nel sangue di ogni paziente.
Pegasus è un progetto corale di pazienti, medici e ricercatori in un continuo confronto tra realtà clinica e ricerca di laboratorio con un unico fine: la qualità della cura e il benessere dei pazienti.
Con 140 pazienti in otto istituti clinici europei e 36 mesi di tempo Pegasus rappresenta il primo passo verso un radicale cambiamento del trattamento post chirurgico nei tumori del colon, a beneficio della salute e della serenità dei pazienti.
Focus informativo sui criteri d’inclusione al progetto
Al progetto Pegasus possono partecipare i pazienti ai quali è stato diagnosticato un tumore operabile del colon di stadio III e II (T4N0), di età ≥ 18 anni, in buone condizioni cliniche, che abbiano eseguito un prelievo di sangue prima della chirurgia e che abbiano firmato il consenso informato presso uno dei centri in cui Pegasus è attivo.
Pegasus è attualmente attivo in 8 centri: 5 centri in Italia e 3 in Spagna.
In Italia: Istituto Oncologico Veneto Irccs – Padova; Fondazione Irccs Istituto Nazionale Dei Tumori – Milano; Niguarda Cancer Center, Grande Ospedale Metropolitano Niguarda – Milano; Istituto Europeo Di Oncologia Irccs – Milano; Ospedale Policlinico San Martino Irccs – Genova.
In Spagna: Vall D’hebron Institute Of Oncology – Barcelona; Hospital Del Mar, Parc De Salut Mar – Barcelona; Incliva Instituto De Investigación Sanitaria – Valencia.