L’anticorpo monoclonale che aiuta il muscolo cardiaco

Trieste, Zagabria, Innsbruck: sono queste le coordinate geografiche del nuovo rivoluzionario studio, guidato dall’italiana Serena Zacchigna, che conferma come un anticorpo monoclonale possa bloccare la fibrosi e proteggere il cuore dopo un infarto del miocardio. La ricerca coordinata da Serena Zacchigna, professoressa associata al Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute (DSM) dell’Università degli Studi di Trieste e responsabile del laboratorio di Biologia Cardiovascolare dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste, segna un decisivo passo avanti nelle terapie per la cura delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte a livello mondiale. La ricerca è stata pubblicata di recente sulla rivista Nature Communications.

Un doppio meccanismo

Il farmaco biologico agisce attraverso un doppio meccanismo: da un lato riduce la deposizione di tessuto fibroso che limita la funzione di pompa del cuore, e dall’altro promuove la sopravvivenza delle cellule muscolari cardiache. «Le nuove terapie biologiche – ha spiegato Serena Zacchigna – stanno trasformando le cure oncologiche o delle malattie ereditarie, mentre sono davvero pochi i farmaci biologici per il trattamento delle malattie cardiovascolari. La stragrande maggioranza delle terapie ad oggi approvate, sono piccole molecole chimiche che generalmente hanno un unico bersaglio, bloccano ad esempio l’azione di un enzima o di un recettore. Al contrario, i farmaci biologici (proteine ricombinanti, prodotti di terapia genica e terapia cellulare), riproducono elementi che normalmente esistono nei nostri tessuti e hanno perciò la potenzialità di interferire con meccanismi complessi di terapia. Sono però più difficili da preparare e utilizzare, oltre che più costosi, e per questo complicati da traslare dagli studi sperimentali ai pazienti».

Le proteine BMPs

La collaborazione tra gli istituti triestini (ICGEB e UniTS) e l’Università di Zagabria, ha evidenziato il ruolo strategico delle proteine Bone Morphogenetic Proteins (BMPs), nell’evoluzione della fibrosi cardiaca dopo un evento ischemico. Proprio il team croato è da anni un centro di eccellenza per lo studio delle BMPs che, come dice il nome, hanno un ruolo chiave nella formazione dell’osso, ma che recentemente sono state implicate anche in altri processi, come appunto la fibrosi. «Aver potuto collaborare con i colleghi croati – ha affermato Andrea Colliva, primo autore del lavoro – ci ha consentito di testare l’efficacia di un anticorpo monoclonale che blocca una particolare versione di proteina BMP (la BMP1.3), i cui livelli risultano particolarmente elevati nei pazienti che arrivano al Pronto Soccorso per un infarto del miocardio». 

Il progetto INCardio – Terapie Innovative per la cura delle malattie cardiovascolari, guidato da ICGEB e finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e da Interreg V-A Italia-Austria 2014-2020 ha reso possibile la collaborazione, infine, con il gruppo di cardiochirurghi di Innsbruck che ha portato le proprie esperienze e competenze nell’ambito dei meccanismi che sottendono al danno ischemico e allo sviluppo di terapie innovative. Questa collaborazione renderà possibile validare i risultati dello studio in altri contesti di ischemia e fibrosi, e per avviare il percorso verso una possibile applicazione clinica di questi risultati.

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