Nei mesi scorsi, parte del dibattito politico italiano si è concentrato sul referendum per la cannabis legale. Un referendum partito dal web e che grazie alle modalità di firma facili ed immediate, tramite servizi digitali come lo SPID, è riuscito ad ottenere più di 500 mila firme. Il numero necessario per presentare la proposta referendaria in Parlamento.
Scopriamo però cosa sono, dal punto di vista scientifico, le sostanze al centro di questa discussione.
Cosa sono le sostanze psicotrope?
Molti le chiamano stupefacenti ma il loro nome scientifico è sostanze psicotrope. Una sostanza può essere definita psicotropa quando i suoi principi attivi sono in grado di agire sulle funzioni psichiche dell’individuo, alterandole. Oggi il termine più comunemente usato è stupefacente che deriva dal mondo della medicina e dalla parola stupor, che in latino significa insensibile.
Rimanendo nel campo della medicina, vi sono molti farmaci che possono essere definiti psicotropi il cui scopo è stabilizzare le funzioni cognitive dei pazienti. Vengono usati principalmente nel trattamento dei disturbi psichici dell’individuo e includono un vasto gruppo di farmaci come gli antipsicotici, gli antidepressivi o gli ansiolitici.
Al di fuori del mondo della medicina la maggior parte delle sostanze psicotrope sono chiamate anche sostanze stupefacenti a scopo ricreativo.
Cos’è la Cannabis
Tra le sostanze al centro della discussione politica e sociale, usata anche come simbolo dei sostenitori del referendum, vi è la cannabis o canapa. La varietà più diffusa in Occidente è la Cannabis Sativa che comprende molte varietà e sottospecie di piante.
La marihuana è il termine che si usa per riferirsi a fiori femminili di cannabis sativa, di varietà Sativa o Indica, con un’alta percentuale di THC, usati per scopri ricreativi reperibili di solito nel mercato nero. Come abbiamo accennato, esistono molto varietà, ma Marihuana, Cannabis Medica e canapa appartengono sempre alla stessa pianta la Cannabis Sativa L. . In tutte è presente, in proporzioni e concentrazioni variabili, la sostanza psicoattiva “Delta-9-tetraidrocannabinolo”, più comunemente nota come THC.
È proprio la presenza di questo elemento a rendere la pianta illegale in molti paesi del mondo. Tuttavia esistono delle varietà che contengono una concentrazione minore di THC rendendo la sua coltivazione, per uso personale, legale in alcuni stati.
Gli effetti della cannabis
Per comprendere meglio il reale effetto della marihuana sul corpo umano abbiamo intervistato il Dottor Fabio Turco, neurogastroenterologo, caporedattore di Cannabiscienza ed esperto in endocannabinologia. Cannabiscienza è un’accademia online sulla cannabis medica e il sistema endocannabinoide che offre corsi di formazione a distanza ECM (Educazione Continua in Medicina), specializzazioni, percorsi di studio e seminari per comprendere le conoscenze scientifiche, sia teoriche che pratiche, intorno a questo tema complesso.
Dottor. Turco, quali sono gli effetti immediati sul corpo umano dopo aver assunto della cannabis? E quali potrebbero essere gli effetti di un consumo prolungato nel tempo?
Si può fare una differenziazione in base all’uso che se ne fa, che può essere terapeutico o ricreativo. In quest’ultimo caso, gli effetti dipendono principalmente dalla presenza del THC, sostanza ad effetto psicotropo, capace cioè di modificare lo stato psico-fisico del soggetto. Gli effetti maggiormente ricercati da chi fuma cannabis per uso ricreativo (molto soggettivi) includono euforia, aumento della socievolezza e rilassamento psico-fisico.
Dal punto di vista fisiologico, gli effetti immediati comprendono un lieve aumento del ritmo cardiaco, sonnolenza, analgesia, aumento della vasodilatazione oculare (occhi rossi), secchezza delle fauci, aumento del senso di fame. Un utilizzo cronico può invece portare al peggioramento di sintomi ansiosi o depressivi e alla compromissione delle capacità mnemoniche, soprattutto quelle a breve termine. C’è da dire che numerose ricerche hanno dimostrato che questi effetti tendono a scomparire cessando l’uso.
Il problema forse principale con l’utilizzo di cannabis è il rischio, in individui predisposti, di “slatentizzazione” (rivelazione di una predisposizione latente [n.d.r.]) delle psicosi, per cui bisogna usare cautela soprattutto se si ha una storia familiare di psicosi o problematiche mentali. Inoltre, anche se i dati sono contrastanti, fumare cannabis in età adolescenziale potrebbe interferire con il normale sviluppo cerebrale, perciò è assolutamente da sconsigliare l’uso negli adolescenti.
Parlando di cannabis medicinale, è diversa da quella ad uso ricreativo?
Si tratta sempre della stessa pianta, ma i metodi di produzione sono diversi. Anche perché, oltre al THC, nell’ambito terapeutico gli effetti medicamentosi della cannabis sono da ascrivere anche al CBD (cannabidiolo, un metabolita della Cannabis Sativa [n.d.r.]) e, in maniera minore, ad altri fitocannabinoidi o costituenti come terpeni e polifenoli. Per questo motivo, innanzitutto, le varietà di cannabis medicinale devono avere un contenuto standardizzato e riproducibile di principi attivi, devono essere prodotte secondo le GACP e le GMP (rispettivamente, Good Agricultural and Collection Practices e Good Manufacturing practices). Devono essere inoltre sottoposte a rigorose analisi per garantirne la sicurezza. Le varietà di cannabis terapeutica sono ad alto contenuto di THC, ad alto contenuto di CBD, o con un contenuto bilanciato, in determinate proporzioni, di THC e CBD.
Quali sono le principali patologie che si combattono con la cannabis medicinale?
Attualmente in Italia la cannabis terapeutica può essere prescritta per qualsiasi patologia per la quale esista della letteratura scientifica che ne giustifichi l’uso. Tra le varie patologie trattabili, la cannabis è particolarmente efficace nel dolore cronico, specialmente in quello neuropatico e in quello dovuto alla spasticità, come nella sclerosi multipla. Anche il glaucoma, la Sindrome di Tourette, il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), i disturbi del sonno e i disturbi d’ansia traggono beneficio dall’uso di cannabis.
In più, il CBD da solo è molto efficace nell’epilessia, specialmente quella resistente alle normali terapie, nel controllare i sintomi positivi e negativi della schizofrenia e nell’azione anti-infiammatoria. Infine, in esperimenti su cellule e animali da laboratorio, sia la cannabis che il THC e il CBD, hanno mostrato possedere una spiccata attività anti-tumorale.
Perché un paziente dovrebbe optare per la cannabis medicinale rispetto alla medicina tradizionale?
Credo che sia il momento di superare questa dicotomia tra medicina ufficiale e tradizionale nel caso della cannabis. Questa pianta è utilizzata da millenni per i suoi effetti terapeutici. Fino a poco tempo fa, questi effetti riguardavano la “tradizione” perché era molto difficile fare ricerca scientifica, dato lo status di sostanza stupefacente. Attualmente la situazione è in parte cambiata e la cannabis e i suoi costituenti si stanno rivelando efficaci nel trattare diverse patologie, come avviene per qualsiasi altro farmaco, quindi la motivazione principale è data dalla sua efficacia.
L’aspetto positivo nella scelta della cannabis, comunque, risiede nel fatto che gli effetti collaterali sono modesti e quasi sempre gestibili, a differenza di molti altri farmaci anche di uso comune. In più, a differenza di moltissimi farmaci, per la cannabis non esiste una dose letale e questo è certamente un aspetto che indica che sia una sostanza abbastanza sicura da utilizzare.
Lei fa parte di una società di formazione sulla cannabis medica, l’interesse verso questa branca della medicina negli ultimi tempi è cambiato? Qual è il profilo medio di chi rivolge ai vostri corsi?
Sicuramente negli ultimi anni è cambiata la percezione sulla cannabis, grazie anche alle aperture legislative che ne consentono l’uso terapeutico in Italia. Su questa scia, noi di Cannabiscienza cerchiamo di fare un’informazione obiettiva e basata sulle evidenze scientifiche, perché riteniamo doveroso informare correttamente il pubblico. L’offerta formativa è multidisciplinare e copre le necessità di più professionisti, quali medici, veterinari, farmacisti e scienziati.
Collaborando con l’Università di Padova per il primo corso in cannabinologia da poco avviato, abbiamo attratto invece un pubblico più giovanile, ancora in fase universitaria. Non mancano infine le collaborazioni con le strutture sanitarie, private e pubbliche, per la formazione e l’affiancamento del medico che si avvicina alle terapie con cannabinoidi.
In conclusione, lei pensa che, dal punto di vista medico-scientifico, il referendum di legalizzazione della coltivazione della cannabis potrà portare dei benefici?
Sicuramente potrà portare dei benefici, perché una volta caduto lo status di sostanza stupefacente, sarà più facile la produzione, la distribuzione e la ricerca scientifica, a tutto vantaggio dei pazienti, che potranno contare ancora di più su un utile strumento terapeutico. Inoltre, credo che la popolazione italiana tutta possa beneficiare di un eventuale successo del referendum, anche dal punto di vista socio-sanitario.