Un robot che genera insulina direttamente nel corpo umano: oggi è realtà conPILLSID (PILl-refiLled implanted System for Intraperitoneal Delivery). Questo l’ultimo ritrovato della nanorobotica arriva dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con l’Università di Pisa e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.
Come funziona il robot che genera insulina
Le persone affette da diabete sono milioni, e ogni giorno sono alle prese con pillole e iniezioni di insulina. Ora, però, una speranza arriva dalla nanorobotica. Validato per il momento a livello preclinico, PILLSID si compone di un microrobot impiantato chirurgicamente, di una pompa per l’insulina e di pillole che – quando il serbatoio della pompa è quasi vuoto – devono essere ingerite per ricaricarlo. Così, l’insulina viene generata direttamente nel corpo del paziente.
A coordinare il progetto, che nei giorni scorsi è stato pubblicato sulle pagine di Science Robotics, è stata la Prorettrice Vicaria della Scuola Superiore Sant’Anna Arianna Menciassi. Che ha spiegato al Corriere Fiorentino come PILLSID consenta una terapia localizzata e un’infusione fisiologica estremamente utile per chi soffre diabete di tipo 1, soprattutto per quei pazienti costretti ad assumere insulina più volte al giorno.
L’idea di pensare alle pillole come a dei piccoli shuttle capaci di rifornire organi interni artificiali è nata nell’ambito di una scuola di dottorato. Poi, con un finanziamento, la Regione Toscana ha permesso ai ricercatori di proseguire con la loro intuizione. Intuizione che, ora, s’è rivelata concreta. E che potrebbe permettere di trattare in modo rivoluzionario una patologia cronica d’enorme rilevanza.
Cos’è il diabete di tipo 1
Un tempo soprannominato “diabete infantile”, il diabete di tipo 1 colpisce il 3% della popolazione mondiale. Si manifesta prevalentemente nell’infanzia o nell’adolescenza, ed è annoverato tra le malattie autoimmuni. L’organismo di chi ne soffre produce infatti autoanticorpi che vanno a colpire le cellule Beta. Queste, site all’interno del pancreas, producono insulina. Va da sé che, una loro riduzione o un loro annientamento, provoca un innalzamento del livello di glucosio nel sangue del paziente (iperglicemia).
Gli zuccheri introdotti con l’alimentazione non vengono utilizzati dall’organismo del paziente affetto da diabete di tipo 1. Vengono invece espulsi con l’urina, costringendo il corpo ad utilizzare i grassi per produrre energia. Si formano così i corpi chetonici il cui accumulo, se non trattato, può condurre la persona fino al coma diabetico.
In genere, chi soffre di diabete di tipo 1 se ne accorge per via dell’aumento del volume delle urine, per l’aumento della sete e perché incorre in un dimagrimento senza cause apparenti. Tutti campanelli d’allarme, questi, che richiedono un consulto tempestivo col proprio medico.
Una rivoluzione per i pazienti diabetici
Impiantato chirurgicamente a livello addominale, il microrobot è una sorta di pompa. Rilascia insulina nel corpo e, quando il suo serbatoio sta per esaurirsi, il paziente assume oralmente una capsula che andrà a rifornirlo. Come? Con un sistema di aggancio e trasferimento del farmaco dalla pillola al serbatoio. La pillola, da assumere come qualsiasi altro farmaco, si ferma in un’ansa dell’intestino: qui si attiva un meccanismo magnetico, che consente al robot di catturare la capsula, di aspirare l’insulina e di immetterla nel serbatoio.
Una volta terminata l’operazione, il meccanismo magnetico si disattiva e la capsula vuota prosegue il suo transito lungo l’intestino fino a che non viene esplusa. Per regolarsi, e per capire quanta insulina immettere e quando, il robot utilizza un sensore per il glucosio e un algoritmo di controllo.
Non solo, dunque, PILLSID è potenzialmente in grado di cambiare la vita a chi soffre di diabete di tipo 1. I suoi risultati sono talmente incoraggianti da eleggerlo a capostipite di quell’attesa generazione di sistemi robotici totalmente impiantabili e di dispositivi per il rilascio controllato di farmaci. Se la sua sperimentazione continuerà come sperato, potrebbe aiutare a sviluppare nel prossimo futuro il primo pancreas artificiale totalmente impiantabile. E potrebbe essere adattato a trattare altre patologie croniche e acute che colpiscono gli organi intraperitoneali.