Classe 1933 per l’atleta padovana Emma Mazzenga, che con il suo primato mondiale, i cinque primati europei e le 29 migliori prestazioni italiane di categoria, è una delle figure di riferimento nell’atletica leggera italiana e internazionale. L’abbiamo incontrata al TEDxPadova Salon presso Show Club di sabato 19 novembre.
Emma, lei ha corso praticamente un intero secolo a cavallo anche di una guerra mondiale. Come ha iniziato?
«Quando io ero piccola i bambini si muovevano tanto, ma l’attività sportiva vera e propria l’ho iniziata intorno al 14 anni, quando ho cominciato a camminare in montagna, fare escursioni, sciare, insomma ho capito che fare attività sportiva, soprattutto correre, mi faceva sentire molto bene fisicamente.
E soprattutto ho sentito che mi faceva stare bene anche a livello psicologico. Il mio umore, malgrado i problemi, con lo sport migliorava sempre. Ho provato tantissimi sport, ha iniziato con la pallacanestro, ma ero negata. Poi dal 1956 al 1961 ho fatto parte del gruppo di atletica del CUS Padova. Quando ho iniziato si correva su terra rossa, con scarpe con una specie di tacco, oggi è tutto diverso. Diciamo che la competizione è arrivata con gli anni dell’università».
Mi ha raccontato che l’altro elemento che la motiva a continuare è il senso della competizione. A volte nel mondo dello sport, oggi, abbiamo sempre un certo timore nel parlare di questo termine e ci spostiamo piuttosto verso la “motivazione”. Sono due cose così diverse secondo lei? E oggi, contro chi compete?
«Competere mi è sempre piaciuto, è una spinta a mettersi in gioco, a andare avanti. Per anni ho fatto competizioni con altri, da Master del CUS ho gareggiato parecchio, in giro per il mondo. Oggi nella mia categoria mi trovo quasi sempre a competere contro me stessa. Il cronometro è quindi l’avversario da battere e questo serve a motivarmi. Per me la competizione è uno degli elementi della motivazione. Sono ancora emozionata alla partenza e al traguardo. Ricordo bene, per esempio, la figura di Giulio Berruti, campione olimpico, che per me era stata una fonte di ispirazione».
Lei si continua ad allenare tre volte a settimana. Immagino che questo debba essere accompagnato anche da un’alimentazione rigida e controllata. Qual è il suo segreto?
«Sì continuo a allenarmi tre volte alla settimana, anni fa avevo rallentato parecchio, tra il 2018 e il 2020, ma poi la mia allenatrice mi ha invitato a ricominciare con gli allenamenti e le competizioni. E ha fatto bene. Per quel che riguarda l’alimentazione a dire il vero mangio un po’ di tutto, ma con moderazione. Con gli anni il metabolismo rallenta e quindi meglio essere moderati. Dormo poco, circa cinque ore per notte, ma l’impegno fisico richiesto dallo sport mi regala sempre benessere e dopo mi sento molto rilassata».
Tutto questo impegno fisico l’ha conciliato con una famiglia ed un lavoro come insegnante di scienze, medie e superiori per finire con il nostro liceo Fermi. In questo contesto lo sport è stato un ulteriore elemento da incastrare in agenda o le è stato un propulsore di energia?
«Bisognava organizzarsi e conciliare tutto. Quando mi sono sposata e sono arrivati i figli per un periodo non ho fatto competizioni, ma poi ho ripreso come Master. La mattina insegnavo scienze a scuola, poi andavo in campo a allenarmi e nel pomeriggio avevo le attività domestiche».
Un primato mondiale, 5 primati europei e 29 migliori prestazioni italiane di categoria l’hanno portata a girare il mondo. Quali sono state le trasferte più belle che le ha regalato il suo sport?
«La mia passione sportiva mi ha portato anche in giro per il mondo, sono stata in Finlandia, in Australia, a Sacramento, in Portogallo, in Francia, ecc. Cercavo di unire alla competizione la possibilità di scoprire quei paesi. In Australia sono stata per un mese. Non vorrai mica fare un volo di 23 ore per correre solo 100 metri».