Le emozioni nascono davvero dal cuore, le prove da uno studio scientifico

Alla fine del 1600 Blaise Pascal, matematico, fisico, filosofo e teologo francese scriveva: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Un’affermazione filosofica e poetica, che si avvicina alla verità scientifica. Le emozioni sembrano nascere davvero dal cuore, per poi influenzare il centro della nostra ragione, il cervello.

I bioingegneri dell’Università di Pisa, in collaborazione con l’Università di Padova e l’University of California Irvine, in uno studio pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Science of the USA”, hanno analizzato il meccanismo che ci porta a provare una specifica emozione a fronte di determinati stimoli e trova nel cuore la radice delle emozioni.

Il cuore, il vero centro delle emozioni

Gaetano Valenza, docente di bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e ricercatore al Centro “E. Piaggio” spiega: «Che il corpo giochi un ruolo fondamentale nel definire gli stati emotivi è ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica. Tuttavia, se escludiamo alcune teorie proposte agli inizi del secolo scorso, fino ad ora l’attività cardiovascolare è stata vista come un semplice supporto metabolico a sostegno del cervello. E solo il cervello sarebbe la sede dei processi biologici responsabili dell’esperienza emotiva cosciente».

«Noi abbiamo invece evidenze del fatto che l’attività cardiovascolare gioca un ruolo causale nell’iniziare e nel sentire una specifica emozione, e precede temporalmente l’attivazione dei neuroni della corteccia cerebrale. In sostanza, per dirla parafrasando William James, che fu il padre, insieme a John Lange, della cosiddetta teoria periferica delle emozioni, non abbiamo la tachicardia perché abbiamo paura, ma la sensazione di paura è l’esperienza emotiva cosciente innescata dalla tachicardia».

Il legame tra cuore e cervello

Lo studio condotto per dimostrare questa teoria ha coinvolto diversi soggetti sani nella visione di filmati dal contenuto emotivo altamente piacevole o spiacevole. Mentre i soggetti guardavano i filmati, i ricercatori analizzavano i loro segnali elettrocardiografici e elettroencefalografici, associandoli a modelli matematici complessi. Attraverso queste analisi, si è scoperto che il primo sistema che si “attiva” in risposta allo stimolo esterno del filmato, è il cuore. Nei primi secondi, lo stimolo modifica l’attività cardiaca che a sua volta induce e modula una specifica risposta della corteccia. Si innesca uno scambio di informazioni e segnali, continuo e bidirezionale, tra cuore e cervello. Che li lega indissolubilmente nel processo della creazione, e soprattutto nella regolazione dell’intensità delle nostre emozioni.

«Ovviamente – continua Valenza – la complessità delle emozioni che proviamo deriva da uno scambio molto complesso tra il nostro sistema nervoso e i vari sistemi “periferici”, ma è l’attività cardiaca, e non quella cerebrale, a dare il via all’esperienza emotiva».

Matematica al servizio delle emozioni

La cosiddetta “chiave di volta” per riuscire a comprendere a pieno le informazioni fornite dall’analisi dell’ECG dei soggetti è stata la matematica. I ricercatori hanno sviluppato delle complesse equazioni in grado di “decodificare” in maniera continua le diverse informazioni fornite dallo scambio cuore-cervello, in risposta ai diversi stati emozionali. Un sistema, che potrebbe essere applicato anche alla tecnologia dei wearables, come gli smartwatch, dato che tutti i modelli in commercio sono forniti di sensore per il battito cardiaco. In pratica, analizzando il battito cardiaco, questi strumenti non solo sarebbero in grado di capire il nostro stato di salute, ma potrebbero riuscire a comprendere anche il nostro stato emotivo.

«La scoperta può avere delle ricadute molto rilevanti sulla comprensione dei disturbi psichici e sulla loro relazione con la salute fisica – afferma Claudio Gentili, del Dipartimento di Psicologia Generale e Centro per i Servizi Clinici Psicologici dell’Università di Padova – e può spiegare perché soggetti con disturbi affettivi, come la depressione, sono associati ad una maggior probabilità di sviluppare patologie cardiache, o, viceversa, tra soggetti con problemi cardiaci quali patologie coronariche o aritmie si riscontra un incremento di ansia e depressione. Il nostro lavoro, oltre a riportare in auge la teoria della genesi periferica delle emozioni, conferma le più recenti posizioni neuroscientifiche che propongono di superare il dualismo tra il cervello inteso come organo esclusivo della mente e il corpo, suggerendo come noi non siamo (solo) il nostro cervello».

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