Le epidemie di intensità estrema sono più frequenti di quanto ci si potrebbe attendere. A dirlo è lo studio “Intensity and frequency of extreme novel epidemics”, pubblicato su PNAS. Secondo gli esperti, ogni persona ha il 38% di probabilità di fronteggiare nel corso della sua vita una pandemia simile al Covid-19. Percentuale che, nel corso dei prossimi decenni, raggiungerà l’80%.
Il confronto tra Covid-19 e le epidemie passate
La ricerca è stata condotta dal professor Marco Marani del Dipartimento Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (ICEA) dell’Università di Padova. Al suo fianco, Anthony Parolari (Marquette University), Gaby Katul e William Pan (Duke University). Insieme, il team ha analizzato un dataset globale di grandi epidemie storiche che copre circa quattro secoli (1600-2020). Una quantità di dati enorme, per provare a rispondere a ciò che il futuro porterà.
Il dataset generato contiene dati e numeri di 500 epidemie storiche, causate da vaiolo, peste, colera e virus influenzali. Tra di esse, l’epidemia di proporzioni maggiori, che ha causato il maggior numero di morti l’anno, è ad oggi l’Influenza Spagnola: i decessi accertati sono 30 milioni, ma c’è chi sostiene abbiano raggiunto i 100, tra il 1918 e il 1920. All’epoca, si trattava dell’1,7% della popolazione mondiale (5.7 per mille/anno).
“In confronto alle precedenti epidemie, l’epidemia di Covid-19 conta al momento circa 3.5 milioni di vittime (dati ECDC di luglio 2021), con una intensità di circa lo 0.3 per mille/anno. Date queste proporzioni c’è da stupirsi che si sia persa così rapidamente memoria di un evento epocale come quello dell’Influenza Spagnola, circa 20 volte più intenso dell’epidemia che stiamo vivendo. Se la memoria collettiva fosse stata più presente forse non saremmo forse stati così impreparati alla gestione di questo evento” ha commentato il professor Marani.
La frequenza e la causa delle epidemie
Analizzando questo nuovo set di dati, e utilizzando alcuni strumenti statistici recentemente sviluppati dal suo gruppo di ricerca, il team ha scoperto che la frequenza con cui le epidemie globali si verificano è molto variabile nei secoli, ma che la distribuzione di probabilità della loro intensità ha una forma generale, che non dipende dall’epoca né dal tipo di malattia.
Cosa ci dice questo dato? Che le epidemie estreme, quelle di cui la memoria personale diretta tende a perdersi (per esempio sono ormai pochi i testimoni diretti dell’epidemia di Spagnola ancora viventi) sono più frequenti di quanto si può intuitivamente pensare.
La probabilità di vivere un’epidemia come quella del Covid-19 era, per la popolazione nata attorno all’anno 2000, di circa il 38%: una probabilità che avrebbe dovuto indurre una maggior preparazione a livello medico e sociale.
La frequenza con cui le nuove malattie epidemiche emergono dalle riserve in animali selvatici è aumentata negli ultimi decenni a causa dei cambiamenti ambientali causati dall’uomo. Questo aumento implica che la probabilità di osservare epidemie estreme potrebbe raddoppiare nel corso dei prossimi decenni
Questo afferma Marani, sottolineando come la società in generale sia impreparata di fronte ad epidemie che potrebbero rivelarsi catastrofiche e che sono tutt’altro che improbabili.