In un solo minuto, la luce ultravioletta disattiva il SARS-CoV-2: è quanto si evince dalla ricerca “Inactivating SARS-CoV-2 Using 275 nm UV-C LEDs through a Spherical Irradiation Box: Design, Characterization and Validation”, condotta dai Dipartimenti di Ingegneria dell’Informazione, Ingegneria Industriale e di Medicina Molecolare dell’Università di Padova. Una ricerca, questa, pubblicata sulla rivista Materials e che segna un importante risultato. Soprattutto pensando a come, per questa sua proprietà, la luce ultravioletta potrebbe essere impiegata per rendere “innocui” attrezzi sportivi e palloni. Con le palestre che hanno finalmente riaperto dopo molti mesi di chiusura forzata, che sia questa la chiave della ripresa (sicura e definitiva) degli sport di squadra?
L’inattivazione del Coronavirus grazie ai raggi UV: l’intuizione dei ricercatori
I più diffusi metodi di sterilizzazione si basano oggi sull’impiego di agenti chimici come alcol e candeggina, ma non sono pratici per la disinfezione di grandi superfici o per una rapida inattivazione dei virus su oggetti d’uso quotidiano. Ecco dunque che, in diversi angoli del mondo, si stanno studiando tecniche innovative e alternative. Tecniche che, al posto degli agenti chimici, impiegano la luce ultravioletta.
E c’è proprio la luce ultravioletta, alla base della ricerca condotta dai ricercatori dei Dipartimenti di Ingegneria dell’Informazione, Ingegneria Industriale e Medicina Molecolare dell’Università di Padova. Gli studiosi, sfruttando la capacità che i fotoni hanno di danneggiare il dna di virus e batteri, hanno messo a punto un sistema di sterilizzazione di oggetti di uso comunitario come i palloni da basket e da pallavolo, che potrebbe essere funzionale per la riapertura di palazzetti e palestre.
Chiuso e dotato di sistema di sicurezza (in quanto il corpo umano non deve essere esposto alla radiazione, per non danneggiare pelle e occhi), lo speciale apparecchio ha un costo d’utilizzo davvero irrisorio: con 1 euro si effettuano più di 5000 sanificazioni. Un risultato a cui i ricercatori sono arrivati dopo uno studio cominciato con l’insorgere della pandemia, proprio per la capacità che la luce ultravioletta ha di rendere inattivo il virus.
Dall’Università di Padova un sistema UV per eliminare il SARS-CoV-2 dalle superfici: la parola ai ricercatori
Nicola Trivellin, primo autore e ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale, ha spiegato che: “Il Dipartimento ha supportato l’azienda produttrice nel processo di ingegnerizzazione, ottimizzando la gestione ottica del sistema per migliorarne l’efficacia ed identificando una metodologia applicabile anche ad altri sistemi di sanificazione”. Matteo Meneghini, docente di Optoelettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, ha invece spiegato come nei laboratori del suo dipartimento si sia svolta l’analisi dei Led ultravioletti, che ha permesso di identificare le migliori tecnologie esistenti e di ricavare i parametri necessari per la progettazione.
La disinfezione assistita da raggi UV è di particolare importanza negli ambienti comunitari, frequentati dai più giovani: scuole, palestre, campi sportivi. Luoghi che, a lungo chiusi, svolgono l’importantissima funzione di allentare la tensione sociale e di favorire la socialità. Tuttavia, l’attività sportiva di squadra richiede l’utilizzo di oggetti di comunità come i palloni, che vengono toccati da tutti i giocatori e diventano veicoli di contagio in presenza di goccioline, aerosol e fluidi corporei. Per questo motivo, fornire attrezzature sportive frequentemente igienizzate è fondamentale per il contenimento del contagio e per il proseguimento delle attività fisiche.
Studi preliminari hanno mostrato l’efficacia dei LED UV-C contro il SARS-CoV-2 in ambiente di laboratorio. Il punto di forza dello studio condotto a Padova è stata la realizzazione di un sistema efficace in un contesto reale, quello di palestre e palazzetti, per la disinfezione di oggetti di uso comunitario. Il processo di ottimizzazione ha permesso di irradiare un oggetto garantendo che ogni punto sia raggiunto dalla dose sufficiente di radiazione.
“I test condotti nei laboratori di Medicina Molecolare dell’Università di Padova hanno dimostrato l’efficacia della soluzione proposta: basta un minuto di irraggiamento per ottenere un’azione virucida pari al 99.9 %. Questa tecnologia permette di contrastare in modo efficace il virus SARS-CoV-2” ha concluso Claudia Del Vecchio, del Dipartimento di Medicina Molecolare. Perché, la lotta al Covid-19, non è ancora finita.
Dott. Trivellin, nel corso degli ultimi mesi in molti negozi online (Amazon incluso), le lampade UV sono andate a ruba. È possibile, per un privato cittadino, riuscire a capire in modo semplice se il sistema UV che ha acquistato abbia un effettivo potere virucida?
Per riuscire a capire l’effettiva efficacia di una lampada UVC è necessario conoscere la lunghezza d’onda emessa e la dose (irradianza per tempo di esposizione). Se il primo dato potrebbe essere desunto dal tipo di emettitore (nel caso di lampade a tubo a vapori di mercurio a bassa pressione abbiamo 254 nm, nel caso di LED è più complicato in quanto dipende dal tipo di semiconduttore), l’irradianza dovrebbe essere misurata e quindi è difficile da stimare per il consumatore finale. In alcuni casi ho visto produttori fornire un valore di irradianza a diverse distanze, che renderebbe possibile calcolare il tempo di esposizione necessario per ottenere l’effetto virucida.
Nel sistema presentato nel nostro lavoro, ad esempio, la radiazione non si disperde nell’ambiente ed è previsto un sistema di sicurezza che interrompe il funzionamento quando viene aperta la camera di irraggiamento.
E’ bene ricordare che i sistemi che emettono luce ultravioletta dovrebbero essere usati con attenzione (esistono normative a riguardo che ne limitano la vendita e l’utilizzo), ad esempio utilizzando appositi dispositivi di protezione individuale oppure con un controllo remoto per far sì che non siano presenti persone nel momento dell’utilizzo.