Oggi, 8 maggio 2021, si celebra la Giornata Mondiale del Tumore Ovarico dedicata alla sensibilizzazione e informazione sul 7° tumore più diffuso al mondo e l’ottavo per mortalità nel sesso femminile.
Pandemia a parte, lo scorso 2020 ha portato delle gran buone notizie sul fronte della lotta al tumore all’ovaio che sono state ufficializzate alla comunità scientifica proprio nei mesi scorsi.
Quest’anno abbiamo una buona notizia per la Giornata Mondiale del Tumore Ovarico: disponiamo infatti di nuovi farmaci efficaci e sappiamo come identificare le pazienti che potranno trarne maggior beneficio. La medicina personalizzata è finalmente una realtà anche per questo difficile tumore che sfida l’oncologia mondiale e affligge il mondo femminile
Così Nicoletta Colombo, Direttore del Programma Ginecologia dell’Istituto Europeo di Oncologia e uno dei massimi esperti a livello internazionale nel trattamento del tumore ovarico, celebra allo IEO il World Ovarian Cancer Day 2021.
La rivoluzione è iniziata l’autunno scorso, quando la Commissione Europea ha approvato un nuovo farmaco parp-inibitore, il Niraparib, come trattamento di prima linea in monoterapia per tutte le pazienti con carcinoma ovarico avanzato, indipendentemente dalla presenza della mutazione BRCA.
La mutazione ereditaria dei geni BRCA indica la predisposizione a sviluppare un cancro dell’ovaio e del seno, è presente in una percentuale inferiore al 5% dei casi e si identifica grazie a un test del DNA (BRCA test) eseguito tramite prelievo del sangue.
Prima dell’introduzione di Niraparib, solo le pazienti con BRCA mutato, vale a dire il 20% di tutte le pazienti, erano eleggibili per il trattamento con il PARP inibitore Olaparib. L’autorizzazione di un nuovo PARP inibitore, efficace anche in chi non ha la mutazione, rappresenta quindi un enorme progresso e un motivo di speranza per le 5.000 donne che ogni anno in Europa ricevono una diagnosi di carcinoma ovarico.
“La commissione europea allo stesso tempo ha approvato la combinazione di Olaparib e l’anticorpo monoclonale Bevacizumab come terapia di mantenimento di prima linea nelle pazienti che risultano positive al test HRD”. Il test HRD è un test genomico che rileva il Deficit di Ricombinazione Omologa (Homologous Recombination Deficit), vale a dire l’incapacità delle cellule cancerose di riparare il danno al DNA che è all’origine della malattia: un deficit causa nel tumore una situazione di instabilità genetica.
“Ora abbiamo a disposizione due farmaci, Olaparib e Niraparib, entrambi con provata efficacia nel ridurre la progressione della malattia, e abbiamo un anche un test per identificare le pazienti che ne potranno derivare un maggior beneficio”, conclude la Colombo.
Il test HRD è stato soprattutto utilizzato all’interno degli studi clinici sperimentali, ma allo IEO Massimo Barberis, Direttore dell’Unità Diagnostica Istopatologica e Molecolare, sta valutando una metodica d’indagine innovativa, che sarà presto a disposizione di tutte le pazienti.
“A breve sarà disponibile in IEO un test che, grazie a un algoritmo bioinformatico, ci aiuterà a rilevare, nelle pazienti che non hanno la mutazione BRCA, la caratteristica di “instabilità genetica” del loro tumore, che lo rende più vulnerabile ai parp-inibitori. Il test valuterà contemporaneamente la mutazione BRCA e l’HRD, permettendoci di identificare quali pazienti hanno la maggiore probabilità di risposta ai diversi farmaci.”, dichiara Barberis.