Glioblastoma, uno dei tumori cerebrali più letali. Una diagnosi che spesso lascia poche possibilità terapeutiche, anche se ha ricevuto tutte le cure attualmente disponibili. Una nuova speranza però arriva da un nuovo trattamento che, in modelli preclinici, ha dimostrato di essere efficace, annullando l’immortalità delle cellule staminali offrendo nuovo speranza di cura.
Lo studio, tutto italiano, guidato da Giuliana Pelicci, Direttrice Unità di Ricerca presso il Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Professoressa di Biologia Molecolare all’Università del Piemonte Orientale, insieme alle Ricercatrici IEO Stefania Faletti e Daniela Osti, prime autrici dell’articolo. Lo ricerca è stato sostenuto dalla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e dal Ministero della Salute italiano. I risultati di questa ricerca sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Statunitense “Science Translational Medicine”.
Cos’è il glioblastoma?
Il glioblastoma è un tipo di tumore chiamato glioma ad alto grado di malignità. Colpisce sopratutto gli uomini di età avanzata (più di 50 anni) e i sintomi sono, nella maggior parte dei casi (60%), crisi epilettiche. Talvolta, si possono presentare anche dei deficit neurologici focali (difficoltà di movimento e coordinamento) e cognitivi (problemi di memoria e di concentrazione). Come abbiamo accennato, si tratta di un tumore molto aggressivo che appartiene alla categoria degli astrocitomi. Gli astrocitomi sono delle neoplasie che si sviluppano nel sistema nervoso centrale da un gruppo di cellule della glia chiamate astrociti.
Le cellule della glia hanno una funzione di supporto e di sostegno per il nostro sistema nervoso. Assicurano l’isolamento dei tessuti nervosi e la protezione da corpi estranei in caso di lesioni. Il tipo di cellule della glia più abbondanti sono appunto gli astrocitomi. Questi sono molto sensibili ad evoluzioni neoplastiche.
«Tra le diverse cause che rendono il glioblastoma così letale – spiega Giuliana Pelicci – c’è la presenza delle cellule staminali tumorali, la sottopopolazione di cellule responsabili sia della resistenza alle attuali terapie sia della progressione della malattia».
La scoperta
«Noi abbiamo scoperto come eliminare queste cellule killer interferendo con la loro straordinaria capacità di adattamento e sopravvivenza. – continua la dottoressa Pellici – Abbiamo focalizzato la nostra attenzione su LSD1, una proteina coinvolta nello sviluppo del glioblastoma, oltre che di vari altri tumori, che ha un ruolo attivo nel mantenimento delle cellule staminali in quanto favorisce la loro capacità di adattamento ai diversi stimoli di stress, sia presenti nell’ambiente che circonda il tumore, che indotti dalle terapie anticancro».
«Lo studio ha dimostrato che l’inibizione farmacologica dell’attività di LSD1 riduce la capacità delle cellule staminali tumorali di auto-mantenersi, rallentando così la crescita del tumore. Questo processo lo abbiamo osservato in modelli preclinici nei quali è stato possibile ricapitolare alcuni tipi di glioblastomi umani eterogenei da un punto di vista molecolare. Abbiamo anche notato che il trattamento non produce alcun effetto sulle cellule cerebrali normali. I risultati confermano dunque che ci troviamo di fronte a un nuovo approccio da sperimentare il prima possibile in clinica per il trattamento dei glioblastomi».
Ricerche interconnesse
Il nuovo inibitore di LSD1 arriva dalla ricerca sulla leucemia. La molecola DDP_38003 è infatti già nota per il suo potenziale terapeutico per combattere questi tumori del sangue. Ciò che rende DDP_ 38003 particolarmente efficace è la sua capacità di attraversare la barriera ematoencefalica, una struttura funzionale che regola il passaggio sanguigno di sostanze chimiche da e verso il cervello. Dopo aver superato questa barriera, la molecola raggiunge il cervello, si lega alla proteina LSD1 espressa nelle staminali tumorali e ne blocca l’attività. Questa proteina è preziosa per le staminali tumorali e, bloccandola, queste non riescono più a resistere allo stress e muoiono.
«Il nostro studio dimostra che LSD1 è un bersaglio fondamentale per le terapie molecolari contro il glioblastoma – continuano Stefania Faletti e Daniela Osti – e che l’inibitore che abbiamo studiato agisce indipendentemente dal profilo genico del tumore. Questo è un punto importante perché il glioblastoma è un tumore altamente eterogeneo, con caratteristiche diverse da paziente a paziente, e questa eterogeneità è uno dei principali motivi per cui i farmaci non mirati hanno fino ad oggi ottenuto risultati molto limitati».
«Molto resta ancora da indagare su LSD1 e i suoi meccanismi di azione e interazione con le staminali del cancro. La priorità ora è attivare uno studio clinico per studiare gli aspetti tossicologici della sua inibizione, nella speranza di arrivare presto a una cura più efficace per il glioblastoma» –concludono le ricercatrici.