Dopo Regno Unito e Stati Uniti d’America, è stato individuato anche in Italia il primo caso di “Monkeypox Virus” il vaiolo delle scimmie. “Si tratta di un giovane adulto di rientro da un soggiorno alle Isole Canarie che si era presentato al pronto soccorso dell’Ospedale Umberto I a Roma“. Questa è stata la dichiarazione rilasciata ieri da un comunicato stampa dell’Istituto Lazzaro Spallanzani, che ha prontamente identificato il virus attraverso tecniche molecolari e di sequenziamento genico dai campioni delle lesioni cutanee. L’Istituto inoltre comunica: “La persona infetta ora si trova in stato di isolamento in discrete condizioni generali (…) altri due casi sospetti sono in fase di accertamento”.
Gli esperti dello Spallanzani proseguono sottolineando che: “Nei tre casi osservati e nei casi in Europa e in Usa, non presentato segni clinici di gravità. La trasmissione può avvenire attraverso le goccioline di saliva, il contatto con le lesioni e i liquidi biologici infetti”.
Le origini del vaiolo delle scimmie
La malattia è stata chiamata così dopo la sua scoperta in alcune scimmie da laboratorio nel 1958. In seguito a diversi studi su animali africani, si è scoperto che il vettore animale più importante potrebbe essere lo scoiattolo. Nel 1970 gli esperti hanno appurato, inoltre, come questo virus causi nell’uomo una malattia simile al vaiolo umano ma in una forma meno grave.
Come riportato nel sito web dell’Istituto superiore di Sanità, a seguito dell’eradicazione del vaiolo umano nel 1980, il monitoraggio sul vaiolo delle scimmie è continuato, specialmente in Africa, in paesi come Repubblica del Congo, Sierra Leone, Liberia, Repubblica Centrafricana e Nigeria, dove la malattia umana si verifica sporadicamente sviluppando occasionalmente delle epidemie.
Nel 2003, negli Stati Uniti si è verificata una piccola epidemia di vaiolo delle scimmie con 35 casi confermati, 13 probabili e 22 sospetti in 6 stati diversi, ma senza decessi. La causa è stata l’importazione di roditori infetti provenienti dall’Africa, come animali da compagnia. Il virus si è prima diffuso ai cani della prateria domestici, ed in seguito ai soggetti umani nel Midwest.
«Niente allarmismi»
Raggiunto da AdnKronos Salute, il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’università Statale di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi, commenta: «Ovviamente è qualcosa che ci preoccupa. Al momento però è necessario solo procedere correttamente con segnalazioni tempestive e un’attenzione specifica nei laboratori». Niente allarmismi ma molta cautela e collaborazione «Facciamo attenzione ai casi sospetti e attiviamo una rete nazionale di segnalazione come per le epatiti pediatriche».
Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, rassicura dicendo che: «Chi è vaccinato per il vaiolo dovrebbe essere coperto, ma questa vaccinazione dal 1974 in poi non è stata fatta. Una parte importante della popolazione non ha il vaccino del vaiolo e potrebbe essere scoperta».
Anche la microbologa Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, invita a mantenere la calma, agendo però rapidamente. «Assolutamente no panico, ma massima attenzione. Per ora si tratta di casi isolati che si possono assolutamente circoscrivere, visto che vengono correttamente segnalati».
I sintomi del vaiolo delle scimmie
A dispetto del nome questa malattia non è trasmessa dalla scimmia all’uomo. Si tratta di una patologia comune nelle zone boscose dei paesi tropicali dell’Africa centrale e occidentale. Una zoonosi silvestre, la cui origine precisa ancora non è nota ma, come abbiamo accennato prima, si presume possa essere trasmessa da piccoli roditori o scoiattoli. Un virus affine al virus del vaiolo umano che provoca una versione della malattia generalmente lieve.
Il periodo di incubazione varia dai 6 ai 13 giorni o dai 5 ai 21 giorni. I sintomi iniziali sono febbre, brividi, cefalea, dolori muscolari, mal di schiena, affaticamento estremo. Diversamente del vaiolo umano, il vaiolo delle scimmie causa un rilevante edema linfonodale. Trascorsi 1/3 giorni dopo la comparsa della febbre, si manifesta un’eruzione cutanea che di solito inizia sul viso e prosegue diffondendosi in altre parti del corpo, nei palmi delle mani e piante dei piedi.
Un punto in comune con il vaiolo umano è la forma e l’evoluzione dell’eruzione cutanea. Macchie piane di colore rosso che si trasformano in vescicole purulente (formando pustole), che dopo diversi giorni diventano croste. È anche a causa di queste croste che il vaiolo delle scimmie può aumentare la probabilità di sviluppare altre infezioni batteriche della pelle e anche dei polmoni.
Le raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità
Il decorso del vaiolo delle scimmie è generalmente di 2-4 settimane con adeguato riposo e, se necessario, con la somministrazione di farmaci antivirali. L’Istituto Superiore di Sanità raccomanda di restare a casa a riposo nel caso dovesse insorgere febbre, e di rivolgersi al medico di fiducia se alla febbre si accompagna anche la comparsa di eruzioni cutanee e vescicole. Come raccomandazione generale di prevenzione, si sconsiglia il contatto stretto con persone con febbre e in caso di rapporti sessuali di controllare la presenza sulla pelle del partner delle vescicole che possono essere la causa principale di infezione.