Cos’hanno in comune papaya, banane verdi, bacche di andaçaí, olio di canola, wakame? Ebbene, questi e tanti altri alimenti, provenienti da posti lontani nel mondo, sono accomunati dalla capacità di concorrere a un modello alimentare sano e sostenibile. Questo il pensiero dei ricercatori della Cattedra Unesco di educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile dell’Università Federico II di Napoli, che di recente, dalle pagine della rivista “Nature”, hanno invitato i colleghi ricercatori di tutto il mondo a contribuire ad un programma di ricerca denominato “Planeterranea”, volto a definire un regime alimentare coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 e con i principi dell’economia circolare.
Cos’è la dieta Planeterranea
Questa ricerca si propone di promuovere a livello mondiale un modello alimentare sano e sostenibile, definito Planeterranea, declinando i pregi della dieta mediterranea in piramidi alimentari basate sui prodotti disponibili nelle diverse parti del pianeta. La Dieta Mediterranea, riconosciuta come patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO dal 2010, è caratterizzata da un modello nutrizionale sano, composto da olio d’oliva, noci, legumi, verdure, cereali integrali, frutta fresca o secca, una quantità moderata di pesce, così come latticini, carne e vino rosso. Sono numerose le ricerche che ne confermano il grande valore nutrizionale e la capacità di ridurre l’incidenza di malattie cardiovascolari, metaboliche o neurodegenerative e di tumori. La dieta mediterranea rappresenta inoltre un modello sostenibile di produzione e consumo alimentare, grazie all’uso di prodotti locali che possono aiutare a preservare la biodiversità e le risorse naturali, assieme alle colture o tradizioni locali.
Povertà e scarsa qualità alimentare: l’epidemia mondiale di obesità
Oggi a livello mondiale si parla di un’epidemia globale di obesità: le persone che vivono in aree urbane hanno una dieta povera per qualità e varietà, in cui la maggior parte dell’apporto energetico proviene da cibi ad alto indice glicemico, come riso bianco e patate, cibi ultra-processati ricchi di zucchero e grassi. Queste abitudini alimentari, sempre più frequenti anche nei Paesi mediterranei, sono alla base di questa nuova emergenza, della pervasiva diffusione di malattie metaboliche e cardiovascolari, e dei grandi numeri registrati nei casi di obesità, anche infantile.
Quali alimenti si trovano nella Planeterranea
In buona parte del mondo però sono disponibili alimenti, frutta, verdure, legumi, cereali integrali e fonti di grassi insaturi, con contenuti nutrizionali e caratteristiche simili a quelli tipici della Dieta Mediterranea, che probabilmente hanno anche simili benefici per la salute delle popolazioni. Tutti questi cibi potrebbero diventare protagonisti della cosiddetta dieta Planeterranea, termine pensato da Annamaria Colao, coordinatrice della Cattedra Unesco, ordinario di Endocrinologia e presidente della Società italiana di endocrinologia (Sie), e dallo staff di scienziati ricercatori in ambito medico, agroalimentare e ingegneristico, che sta studiando le possibili declinazioni locali della Dieta Mediterranea.
I ricercatori ritengono che verdura, frutta, cereali e grassi insaturi, disponibili in diverse parti del mondo, possano essere impiegati per creare paradigmi nutrizionali locali e sani, la cui validità sia basata su prove scientifiche. I ricercatori parlano, ad esempio, per l’America Latina, di avocado, papaya, andaçaí, come buone fonti di acidi grassi monoinsaturi (MUFA), micronutrienti e polifenoli; di teff e manioca dall’Africa centrale; di olio di canola canadese, così come di noci pecan, ricche acidi grassi monoinsaturi e fitosteroli, utili per abbassare il colesterolo LDL. E ancora di semi di sesamo e di soia, tradizionalmente usati in Asia, ricchi di composti bioattivi e sostanze antiossidanti in grado di ridurre l’ipertensione, lo stress ossidativo, la resistenza all’insulina e i marcatori infiammatori. La lista della spesa è ancora lunga e ha bisogno dell’aiuto dei ricercatori locali per evidenziarne tutte le possibili ricchezze.
Per ulteriori informazioni: https://www.unescochairnapoli.it/researchers-for-planeterranean-diet/